Il neo trainer granata è per la teoria del bastone e carota, bastona il gruppo quando è necessario, lo accarezza e lo protegge quando è consigliabile farlo… Per giunta, con quell’accento romanesco e le sue dichiarazioni mai banali proprio perché mai prese dal vocabolario dell’allenatore medio, è subito riuscito nell’impresa di rianimare un Arechi depresso e scollegato dalla squadra. L’allenatore giusto al posto giusto, non un messia ma uno che preferisce mettere giocatori propositivi in campo, piuttosto che utilizzare birilli unicamente esecutivi.
La nuova Salernitana è piaciuta per questo: perché ha già l’anima del suo nuovo mister, un po’ ragioniera, un po’ operaia. Certo, è presto per dire se la cura Gregucci sta già facendo effetto. Poco, troppo poco ragionare su una partita e contro un avversario modesto anche se proprio contro avversari modesti la Salernitana del passato ci ha abituato a stecche clamorose. Sullo sfondo resta la contestazione di parte della tifoseria come resta il veleno di Lotito.
In una intervista al Mattino il co proprietario ha detto di aver sbagliato perchè ha dato ascolto ai tifosi che gli avevano suggerito di richiamare Perrone. Perrone non era un aquila prima e non lo è oggi ma far passare il concetto che tutti i mali della Salernitana fossero ascrivibili all’ex allenatore è ingeneroso, patetico e di cattivo gusto per chi è dotato di un minimo di cervello
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