I NODI DA SCIOGLIERE
Ma sulla strada del leader Pd verso Palazzo Chigi spuntano i primi ostacoli: Angelino Alfano dice di non aver alcuna intenzione di dare per scontato il sostegno di Ncd all’esecutivo e pone una serie di paletti. E, al tempo stesso, Renzi incassa i primi no sulla squadra.
I TEMPI
«Il Presidente ha convocato per le 10.30 di domani (oggi, n.d.r.), al Palazzo del Quirinale, il Segretario Nazionale del Partito Democratico, Matteo Renzi», annunciava ieri una nota del Colle. Ma i tempi per la formazione del nuovo governo si allungano. «Prenderemo qualche giorno», fa sapere la responsabile per le riforme della segreteria nazionale del Pd, Maria Elena Boschi. E nelle ultime è aumentato il pressing dei partiti sulle poltrone dei ministeri.
LA SQUADRA
Renzi è consapevole che la quadra per formare il governo non è semplice. E ha messo in conto che rispetto alle consultazioni-lampo che aveva in mente servirà un maggior approfondimento. Da Firenze filtra la notizia che il premier incaricato potrebbe avviare le consultazioni da martedì, intenzionato a riunire nelle prossime ore la sua ultima giunta a Firenze. Il primo degli scogli del segretario Pd è il principale socio di maggioranza, Angelino Alfano. I due, in contatto da giorni anche via sms, avevano in programma di vedersi in serata, al rientro di Renzi a Roma. Ma il faccia a faccia, messo in dubbio dai rispettivi collaboratori, resta avvolto dal mistero. Meno, però, sono i motivi del braccio di ferro tra Renzi e il leader Ncd. Alfano sa che la presenza di Ncd è «decisiva» per la nascita del governo: senza i numeri, soprattutto dei suoi senatori, l’esecutivo Renzi non riesce a nascere a meno di una nuova svolta del rottamatore con un’apertura verso Forza Italia, possibilità che però viene smentita nettamente dal Pd.
SCOGLIO NCD
Perciò l’ex delfino di Berlusconi è determinato ad alzare la posta per il suo via libera: oltre a chiedere la riconferma sua, di Maurizio Lupi e di Beatrice Lorenzin negli stessi ministeri, vuole chiarezza nel perimetro della maggioranza del nuovo governo. Alfano soffre le «due maggioranze», una con Ncd per il governo e l’altra con Fi per le riforme che Renzi è determinato a confermare. E vuole garanzie, a quanto si apprende, almeno sul fatto che la legge elettorale entrerà in vigore solo dopo la riforma del Senato, temendo che ad un certo punto, incassata la riforma del voto, il leader Pd e il Cavaliere si accordino per lo show down della legislatura.
Richieste e pretese che sembrano non preoccupare più di tanto i renziani. «Alfano non è il problema», spiegano ambienti vicini al sindaco di Firenze, aggiungendo, più a scopo di minaccia, che se Renzi non riuscisse a fare nascere il governo «vuol dire che si andrà alle urne». Insomma tra i due, sostengono fonti dem, chi ha il coltello dalla parte del manico è il premier in pectore e quindi, aggiungono, «un accordo si troverà», lasciando intendere che Renzi non ha intenzione di fare le barricate per impedire ad Alfano di restare al Viminale.
IL TOTO-MINISTRI
Quello che in realtà preoccupa di più, in queste ore, i fedelissimi del sindaco è la squadra di governo. Il «no, grazie» dell’ad di Luxottica Andrea Guerra lascia l’amaro in bocca a Renzi che punta su personalità vincenti per la sua «rivoluzione radicale». Sondaggi sui candidati preferiti sono in corso a 360 gradi e in questo sono impegnati sia personalmente Renzi sia i suoi, come Dario Nardella e Graziano Delrio. Come anticipato ieri da La Stampa, il segretario Pd vorrebbe Romano Prodi al Tesoro, anche per ridare entusiasmo al popolo dem sotto choc per la sfiducia a Enrico Letta. Gli ambasciatori hanno cercato di convincere il fondatore dell’Ulivo che a via XX Settembre è fondamentale un politico con lo spessore dell’ex premier ma Prodi, nonostante gli incoraggiamenti a rischiare rivolti a Renzi, non sarebbe intenzionato a tornare in politica. Al Tesoro sono in discesa anche le quotazioni di Lucrezia Reichlin. All’Economia infatti premier in pectore vorrebbe un politico. Il rebus totoministri è ancora irrisolto. L’unico posto sicuro è quello di Graziano Delrio sottosegretario alla presidenza del consiglio. Per via XX settembre si fanno anche i nomi di Piero Fassino e Fabrizio Barca. Partita aperta che per l’Interno, ministero che Angelino Alfano punta a tenersi stretto ma al quale ambirebbe anche Dario Franceschini. In alternativa, dopo il «no, grazie» di Alessandro Baricco, Franceschini potrebbe andare ai Beni Culturali, lasciando il posto di ministro per i Rapporti con il Parlamento ad un fedelissimo del leader Pd, che potrebbe puntare sul portavoce della segreteria Lorenzo Guerini.
DA BERNABE’ A MORETTI
Alle Riforme resta in pole Maria Elena Boschi mentre vacilla la candidatura del segretario Sc Stefania Giannini all’Istruzione dopo che Scelta Civica avrebbe indicato Irene Tinagli e Andrea Olivero. Il rifiuto di Andrea Guerra apre per Renzi il problema di una casella chiave per il futuro governo: lo Sviluppo Economico. E lì l’idea del sindaco è di continuare a cercare nel mondo imprenditoriale: spunta il nome dell’ex presidente Telecom Franco Bernabè. Ma nella lista spunta anche il nome dell’ad di Ferrovie Mauro Moretti. Per il ministero del Lavoro sono in corsa Tito Boeri ma anche esponenti della minoranza Pd come Guglielmo Epifani e Cesare Damiano. Nel Pd i sondaggi sono a 360 gradi e, a quanto si apprende, anche Pippo Civati, negli ultimi giorni molto critico verso il governo, potrebbe essere coinvolto in qualche ruolo. Alla Giustizia è caccia a “tecnici” di prestigio e, mentre scendono le chance di Michele Vietti, salgono le possibilità del presidente del tribunale di Milano Livia Pomodoro e spuntano i nomi di Valerio Onida e Guido Calvi. Dovrebbero essere riconfermati, infine, i ministri dell’Ambiente Andrea Orlando ed i ministri Ncd Beatrice Lorenzin (Salute) e Maurizio Lupi (Trasporti). Riconferma in vista anche per Mario Mauro così come non dovrebbe rischiare alla Farnesina Emma Bonino. Federica Mogherini dovrebbe, invece, prendere il posto di Enzo Moavero Milanesi agli Affari Europei.
Fonte La Stampa.it
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