Alcuni professori universitari, ordinari e associati, lucravano sui fondi per la ricerca falsificando i rendiconti attestanti il numero di ore effettivamente lavorate. Per questo sono indagati da diversi mesi dalla procura di Salerno per i reati di truffa ai danni dello Stato e falso. Lo scrive il Corriere
della Sera in un articolo a firma di Angela Camuso. Il malaffare, secondo la pubblica accusa, andava avanti da un decennio, protetto da un muro di omertà diffusa. Tanti ricercatori precari, dottorandi e borsisti al seguito dei professori responsabili dei progetti incriminati sapevano ma, onde evitare un rischio per la propria carriera, avevano accettato il ‘sistema’. Così, ad esempio, avveniva periodicamente che sulla carta, affianco ai progetti che poi ottenevano finanziamenti pubblici per milioni di euro, venissero segnati nomi di curatori e quantità di ore dedicate non corrispondenti al vero.
Per almeno quattro professori universitari degli atenei di Salerno e Benevento, le indagini avrebbero dimostrato l’esistenza di gravi indizi di colpevolezza. A sostegno dell’ipotesi accusatoria, oltre alle intercettazioni, ci sono i risultati di una serie di perquisizioni effettuate a fine 2013, quando agli accademici furono recapitati gli avvisi di garanzia (anche se la notizia allora non uscì fuori dai muri delle Università).
I fondi venivano erogati sia da parte della Comunità Europea sia da parte del Miur sulla base di un controllo meramente formale sui documenti cartacei, poi rivelatisi falsi. A quel punto, secondo il pm, erano gli stessi professori a gestire, materialmente, i contributi pubblici.
A far scattare gli accertamenti delle Fiamme Gialle un esposto presentato da un giovane ricercatore dell’università di Salerno.
Fonte Corriere.it
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