”Qualora fosse accertata la responsabilità mia o della mia famiglia non convocherei una conferenza, ma protocollerei direttamente le mie dimissioni da Presidente della Regione”. Lo ha detto Stefano Caldoro, Presidente della Regione Campania, in merito all’indagine su presunte irregolarità nella compravendita di un immobile nella quale risulterebbe coinvolto il capo della sua segreteria, Sandro Santangelo. “Lo dico con chiarezza e schiettezza – ha affermato – sarebbe un atto dovuto per lealtà nei confronti dei cittadini, della stampa, dell’autorità giudiziaria”.
”Le vicende di cui sono a conoscenza – ha aggiunto Caldoro – sono estranee al mio mandato elettivo come presidente della Regione”. Le indagini – ha aggiunto Caldoro – “riguardano una persona che ritengo e confermo mio strettissimo collaboratore, mio amico da sempre, dalla più giovane età”. “Abbiamo iniziato da una vita intera a condividere momenti facili e difficili – ha affermato – di una cosa complessa come la politica”. Caldoro, infine, ha sottolineato che “c’è piena fiducia nell’azione della magistratura” e di essere “pronto alla collaborazione piena nella logica” secondo cui l’ente di Palazzo Santa Lucia è “una casa di vetro”.
“La mia famiglia non ha quote societarie in Resolve” e le perquisizioni, nella sede della Giunta Regionale della Campania, a Napoli, hanno riguardato “solo gli uffici di Sandro Santangelo”. Stefano Caldoro, Presidente della Regione Campania, spiega di voler raccontare i fatti legati all’indagine su presunte irregolarità nell’acquisto di un immobile, a Napoli, nella quale sarebbe coinvolto il capo della sua segreteria, Santangelo. Dagli Anni ’80, l’appartamento in questione – racconta Caldoro – “è stata la sede di attività politica e del Circolo Turati.
Un appartamento di oltre 150 metri quadrati che frequentavo dagli anni Ottanta. Un appartamento utilizzato da Santangelo per l’attività professionale quando non rivestiva incarichi pubblici”. Ed è il legame “affettivo” con quell’appartamento che ha portato alla decisione di acquistarlo quando il precedente proprietario fu soggetto a fallimento. L’appartamento sarebbe stato diviso tra la moglie di Caldoro, Annamaria Colao, e Sandro Santangelo che lì aveva stabilito la sede della sua società di consulenza, la Resolve Srl. “Pensammo che per la nostra parte – dice Caldoro – quello poteva diventare lo studio di mia figlia che vuole fare l’avvocato”.
Tra il 2008 e il 2009, il curatore fallimentare valutò l’appartamento in 380mila euro, a base di un’asta che, però, “non trovò acquirenti realmente interessati”. Fatta eccezione per la Resolve srl che era affittuaria dell’immobile che si aggiudicò l’asta “per 300mila euro, pagati per circa 200 mila da mia moglie e circa 100 mila da Santangelo”. Soltanto nel 2012 si e’ potuta perfezionare l’acquisizione e “l’autorita’ giudiziaria e’ intervenuta, per alcuni versi obbligatoriamente, a partire da una segnalazione di Bankitalia”. “E’ stato scelto il meccanismo più trasparente – conclude Caldoro – perché gli importi sono tutti tracciabili e nessun atto è nascosto. Sono spese in linea con i nostri redditi. Io sono stato parlamentare, mia moglie ricercatrice e lo è ancora”.
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