«Nel 2009 – spiega – alcuni lavoratori hanno denunciato di essere stati esposti per tutto il periodo ultradecennale di lavoro al rischio di polveri e fibre di amianto in misura superiore ai limiti della legge, chiedendo la condanna dell’INPS al pagamento dei benefici previdenziali loro spettanti, ai sensi dell’articolo 13, comma 8, legge n. 257 del 1992. Il Tribunale di Salerno, con sentenza depositata nel 2011, ha accolto la domanda e riconosciuto un coefficiente di rivalutazione dei contributi pari 1,5 per tutto il periodo lavorativo».
«Appena due anni dopo, però – continua – lo stesso Tribunale di Salerno, adito nel 2008 da altri lavoratori dello stabilimento Nexans Italia di Battipaglia, ha rigettato le domande degli operai ricorrenti, accogliendone soltanto alcune per di più con il più basso coefficiente di rivalutazione dei contributi pari a 1,25. Tali contributi, con il coefficiente 1,25 di cui alla sentenza del 2013, non possono essere utilizzati per anticipare il pensionamento e, quindi, gli operai dovranno proseguire a svolgere la loro attività fino all’età stabilita dalla Legge Fornero».
«Sussiste, quindi, una singolare differenza tra le diverse pronunce dello stesso Tribunale – conclude Cirielli – e nel modus operandi dell’INPS di Salerno, che non è giustificata né giustificabile, poiché tutti gli aventi diritto hanno lavorato nello stesso sito, manipolando amianto, presente nel ciclo produttivo e nelle strutture, come si evince da entrambe le sentenze».
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