In 4 anni non si è fatto nulla. E quindi, nel 2015, si rischia di perdere per incapacità di spesa oltre 2 miliardi dei 4,5 rimasti per il ciclo di programmazione 2007-2013. È un delitto nei confronti di una Regione che ha il primato della disoccupazione giovanile ed il primato negativo del PIL pro capite. La nostra proposta è di concentrare le risorse ancora disponibili di questo ciclo (relative ai fondi prevedibilmente non spendibili per i grandi progetti) e quelle del ciclo successivo 2014-2020 su 3 assi prioritari di intervento:1)Ambiente e rifiuti, 2)Lavoro, 3)Trasporti. Le risorse comunitarie sono fondi strutturali, da utilizzare cioè per risolvere i problemi che riguardano il futuro dei nostri territori, non per sostituire la spesa ordinaria per le manutenzioni nei territori. La verità è che c’è chi è impegnato a farsi clienti e chi a creare lavoro e opportunità di vita per i nostri figli”.
CRITICITÀ SULLO STATO DI AVANZAMENTO DEL POR FESR CAMPANIA
E’ noto il grave ritardo della Regione Campania nella spesa dei fondi comunitari, con ripercussioni negative sull’economia del territorio, destinate ad assumere gravi proporzioni nella malaugurata ipotesi che al termine del POR 2007/2013 la Campania debba essere costretta a rinunziare a risorse che, in questo delicato momento, costituiscono forse l’unica fonte per realizzare interventi di sviluppo socio economico .
Le preoccupazioni sono nella constatazione che è difficile ipotizzare che in poco più di anno e mezzo possa essere recuperato un gap del 70% circa di risorse ancora da spendere sul FESR mentre per l’FSE è addirittura in arrivo, ancora una volta, la sospensiva dei pagamenti da parte della Commissione.
Le seguenti riflessioni danno un quadro dell’attuale situazione:
a) La Regione Campania, consapevole della gravissima situazione connessa ai forti ritardi nella spesa dei fondi UE, ha concordato nel 2013 con la Commissione europea ed il Governo la riduzione del tasso di cofinanziamento nazionale del 25% a valere sul POR Campania (con abbassamento della sola quota STATO e conseguente innalzamento al 75% della quota UE a parità di risorse stanziate dalla Commissione), riducendo pertanto la dotazione del PO FESR di un importo complessivo di 2.288.265.066:
1. Dotazione iniziale FONDI PO FESR CAMPANIA 2007/13 : € 6.864.795.198
2. Dotazione FONDI PO FESR CAMPANIA 2007/2013 a seguito dell’ultima riprogrammazione (Comitato di Sorveglianza 2013): 4.576.530.132
3. Riduzione delle risorse assegnate al programma: 2.288.265.065
b) Nonostante la riprogrammazione con riduzione dei fondi ( citati € 2.288.265.132) risultano, al 31/01/2014, i seguenti dati che evidenziano il persistente ritardo nell’avanzamento di programma:
c) La Regione Campania, per non perdere risorse, deve ancora spendere circa 3,1 miliardi di euro attraverso il raggiungimento di due target di spesa, il primo fissato per il 2014 e l’ultimo, a completamento del POR, entro la fine del 2015. Sulla base del piano annuale di finanziamento allegato alla DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 5.7.2013, inerente l’approvazione della modifica del POR Campania, il primo obiettivo è quello di arrivare ad una spesa complessiva nel 2014 di € 3,9 miliardi nel 2014 per poi ultimare l’impiego dei fondi residuali nel 2015. Ciò significa che, considerando l’attuale spesa certificata dalla Regione pari ad € 1,4 miliardi, la Regionedovrebbe certificare quest’anno altri 2,5 miliardi.
Grazie ai grandi progetti programmati ed allo stato ancora in istruttoria presso la Commissione, che sospendono gli obblighi temporali della relativa spesa, la Ragione può ridurre l’obiettivo al 31/12/2004 a € 1,4 miliardi circa, fermo restante che a fine 2015 tutte le risorse devono essere spese, specificamente:
d) Nell’ambito del POR FESR particolare rilievo assumono i Grandi Progetti, il cui importo complessivo è pari a € 2.790.605.380 ossia il 60% circa dell’intera dotazione finanziaria del FESR. Attualmente dei 19 Grandi Progetti presentati alla Commissione soltanto 10 sono stati approvati, con un peso in termini finanziari del 65%, mentre gli altri risultano ancora al vaglio europeo. Questo significa che la quota finanziaria del 35% ascrivibile ai Grandi progetti non ancora approvati e di conseguenza non cantierabili, pari a circa 970 milioni di euro, con ogni probabilità non si tradurrà in spesa entro il 31/12/2015, data di chiusura del POR, con rischio di perdita delle risorse.
Per quanto attiene invece i GP approvati, la spesa certificata al 31/01/2014, è pari a 556.650.519 ossia il 30 % delle risorse allocate; anche in questo caso il rischio di non completare gli interventi è concreto. E’ notizia di questi giorni che il “Grande progetto completamento della riqualificazione e recupero del fiume Sarno”, di valore pari a 200 milioni di euro e che vede coinvolto ben 18 comuni del bacino idrografico del fiume Sarno, è stato sospeso dal TAR Campania, con giudizio fissato per il 9 ottobre 2014, su ricorso del comune di Montoro per criticità sulle procedure regionali inerenti la Valutazione d’impatto ambientale. Il progetto vede come beneficiario ARCADIS, società in house della Regione Campania.
La Campania è vicina al tracollo economico e socio occupazionale ed è ormai fanalino di coda dell’Italia in termini di PIL, per cui, prioritariamente, un obiettivo dovrebbe essere quello di concentrare tutti gli sforzi dei prossimi anni intervenendo nei settori che presentano le maggiori criticità; tra questi di certo hanno priorità:
Le principali criticità ambientali sono riconducibili al ciclo integrato dei rifiuti, al sistema depurativo, alle bonifiche e al dissesto idrogeologico. Se si pensa che per l’ASSE 1 del POR 2007/2013,incentrato sull’ambiente, al 31/01/2014 è stato certificato solo 19.9 % dello stanziamento di euro 1.165.000.000, con concreta possibilità di perdita di risorse, si ha una sensazione di scarsa importanza che viene data ad un settore nevralgico come l’ambiente, ignorando, tra l’altro, che l’utilizzo delle risorse disponibili sarebbero anche di grande aiuto per l’occupazione.
Ciclo integrato dei rifiuti
Nell’ambito del POR FESR per la Campania erano programmati circa 93 milioni di euro per implementare il sistema di raccolta e di smaltimento dei rifiuti, di cui 46 milioni di cofinanziamento stanziati direttamente da Bruxelles e a tutt’oggi congelati con richiesta di restituzione all’UE, stante la procedura di infrazione aperta nei confronti dell’Italia per l’emergenza rifiuti. Infatti nel 2013 il Tribunale dell’Unione europea ha pronunciato una prima sentenza in merito, impugnata dall’Italia davanti alla Corte di Giustizia, confermando l’orientamento “della Commissione di non versare all’Italia contributi finanziari Fesr per la gestione e lo smaltimento dei rifiuti in Campania”.
Nei comunicati ultimi la Commissione ha ribadito che ”la crisi dei rifiuti a Napoli e nelle aree circostanti costituiscono una preoccupazione particolare, in quanto hanno già messo a rischio la salute umana e l’ambiente”.
E’ un dato di fatto che la Regione ha realizzato ben poco di quello che ha previsto nel piano per la gestione dei rifiuti, la cui ultima versione è stata presentata a Bruxelles ad inizio 2013, sia in termini di raccolta che di completamento della rete impiantistica di trattamento e smaltimento, per cui sarebbe necessario nell’immediato :
1. programmare operativamente un percorso condiviso con il Governo, in termini di risorse, tempi e modalità, per portare il piano a regime realizzando tutti gli impianti previsti. A tale scopo il Comune di Salerno, in via collaborativa, mette a disposizione il progetto del proprio impianto di compostaggio, operativo già da un anno;
2. Risolvere definitivamente il problema dei sei milioni di tonnellate di vecchie balle ancora depositate in discariche temporanee in attesa di un definitivo smaltimento o recupero;
3. Individuare, insieme con i Comuni, le azioni necessarie a garantire una regolare gestione di raccolta e smaltimento dei rifiuti nella Regione fino a quando entreranno in funzione tutti gli impianti previsti.
Depurazione, bonifiche e difesa suolo
Le reti idrografiche drenano in Campania un bacino imbrifero di circa 1500 km2 e sono costituiti essenzialmente da reti fognarie insufficienti o mal collegate a collettori, impianti di depurazione obsoleti e scarichi di reflui spesso incontrollati. Le risorse destinate a risanare l’ambiente da fenomeni di inquinamento erano presenti negli A.P.Q. e ci sono attualmente nel POR 2007/2013, ma manca un programma regionale chiaro e risolutivo basato su un monitoraggio tecnico/ambientale, da mettere subito in atto, superando le pastoie burocratiche, per realizzare quelle infrastrutture del ciclo integrato delle acque di cui il territorio necessita.
Anche per le bonifiche, l’assenza di interventi conseguenti al piano di bonifica del 2007, peraltro non aggiornato, e la mancanza di monitoraggio continuo del territorio sono le cause principali della situazione di degrado alla quale oggi assistiamo (la terra dei fuochi, Bagnoli , Sarno ecc. ne sono esempi). Sulle bonifiche, il POR 2007/2013 ha previsto interventi, secondo il principio del «chi inquina paga», su solo 49 siti inquinati , con uno stanziamento di 61 milioni di euro, peraltro solo in parte utilizzato, a fronte di 183 siti a prova di contaminazione segnalati dall’anagrafe regionale a cui vanno aggiunti i circa 3000 siti ancora da analizzare. C’è quindi ancora molto da lavorare per il recupero ambientale di tutto il territorio e di rimedio al tempo fino ad oggi perso.
La legge di conversione del D.L. 136/2013, inerente gli interventi finalizzati alla tutela, sicurezza e bonifica dei siti in Campania, per la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione del programma straordinario e urgente di interventi di bonifica, individua le risorse del Piano di azione e Coesione (rinvenienti dal definanziamento statale del POR 2007/13) nonché quelle dei Fondi di Sviluppo e Coesione (ex FAS) e dei Fondi UE 2014-2020 spettanti alla Regione. Cosa ancor più grave, con tale legge si demanda la programmazione, il monitoraggio e probabilmente anche l’attuazione degli interventi ad un comitato interministeriale presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri al quale “partecipa di diritto” il Presidente della Regione: praticamente un commissariamento.
Per quanto attiene la difesa del suolo, le frane, gli smottamenti, le inondazioni le erosioni marine in Campania negli ultimi anni sono diventati sempre più frequenti. E’ quindi indispensabile chiedersi quale debba essere un’efficace politica di prevenzione e difesa del suolo, ancor prima di preoccuparsi di come reperire le risorse senza poi chiedersi quale debba esserne l’uso. La difesa del suolo non si può limitare all’attuazione di interventi al momento in cui si verifica l’evento dannoso oppure all’invio al Ministero un elenco di opere fuori dal un piano complessivo, quant’anche con indicazione delle priorità, per essere inseriti in accordo di programma quadro ministeriale (caso APQ difesa suolo 2012 dove sono state finanziare alla Campania 97 opere per 220 milioni). Serve invece un piano per la mitigazione del rischio idrogeologico, la manutenzione e la cura del territorio, che, a partire dal lavoro svolto dalle Autorità di bacino, progetti un’azione urgente, efficace e concreta per la mitigazione del rischio stabilendo strumenti e priorità d’intervento.
Obiettivo: avviare azioni mirate di formazione professionale propedeutica e vincolata all’impiego del personale oggi in esubero nei consorzi di bacino, nell’ASTIR e in altre società municipalizzate, per la gestione futura dei nuovi impianti di trattamento rifiuti e delle attività di bonifica e controllo del territorio. Investire significa generare nuove opportunità lavorative, anche attraverso processi di ricollocamento professionale di forze lavoro oggi ferme e causa di forti tensioni sociali; è il caso, ad esempio, dei lavoratori ex LSU dei consorzi di bacino, legati al ciclo dei rifiuti, e dell’ASTIR, legati alle bonifiche.
Nel caso dei consorzi, la legge regionale 5 del 24/01/2014 di riorganizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani stabilisce che circa 1.300 lavoratori, in eccedenza dei consorzi di bacino, dovranno essere assunti dai Comuni campani per «i compiti di vigilanza ambientale, di prevenzione del fenomeno di abbandono incontrollato dei rifiuti, di controllo della qualità del servizio e di gestione degli impianti a supporto del ciclo ». E’ quindi necessario, anche per evitare che il problema sia solo spostato sui Comuni, accelerare nella realizzazione degli investimenti ed è ipotizzabile programmare, insieme con gli Enti locali, un percorso di formazione, attraverso i fondi europei dell’FSE, che proceda di pari passo con il completamento della rete impiantistica.
Con la sopracitata Legge 6, la Regione introduce, tra l’altro, l’istituzione della Conferenza d’ambito come organo di concertazione istituzionale con i Comuni; al riguardo si evidenzia che, fino ad oggi, la Regione ha dimostrato scarsa attenzione al dialogo con il territorio, sospendendo, nel 2012, le elezioni dei componenti del Consiglio delle Autonomie Locali, mai più riconvocate ed impedendo l’avvio dei lavori dell’ unico organo individuato dalla Costituzione per il coordinamento fra la Regione e il suo sistema di enti locali.
Obiettivo: rivitalizzare il trasporto pubblico locale, completando il sistema metropolitano regionale lungo le principali direttrici di collegamento delle province e ridefinendo la governance del sistema integrato dei trasporti, anche alla luce del fallimento dell’EAV.
La Giunta Caldoro è riuscita in quattro anni a dissipare i risultati raggiunti nell’unica vera sfida intrapresa dalla Regione con i fondi comunitari della vecchia ed attuale programmazione dei fondi europei, quella del sistema di trasporto pubblico. Dopo aver sospeso nel 2010, in autotutela, gli investimenti programmati nei piani attuativi di completamento del sistema di Metropolitana Regionale per poi tardivamente riconfermarli con DGR 39/2014, ha lasciato, con una riduzione drastica dei trasferimenti anche in conto gestione e manutenzione, che il sistema di trasporto pubblico collassasse letteralmente, con milioni di passeggeri persi negli ultimi tre anni sulle varie reti regionali (circumvesuviana, Sepsa, ecc.). A questo di aggiunge il sostanziale fallimento dell’EAV che di fatto mina la governance del TPL e lascia grande incertezza per il futuro di migliaia di lavoratori. L’ente, con socio unico la Regione Campania, è stato recentemente commissariato dal Governo per avviare un piano di risanamento di un debito stimato in oltre 700 milioni di euro, accumulato, attraverso le sue partecipate, nell’ambito dell’esercizio del servizio ferroviario e funiviario regionale, della realizzazione delle opere di manutenzione della rete ferroviaria regionale e della gestione il trasporto pubblico su gomma sul territorio delle province di Napoli, Benevento ed Avellino.
Il progetto da rilanciare riguarda il ripristino del collegamento su ferro delle cinque città capoluogo, al fine di garantire, attraverso una vera Metropolitana Regionale, un collegamento regolare, veloce ed ecologico. A tale scopo è necessario recuperare i finanziamenti per il completamento della Metropolitana di Napoli, con collegamento fino a Capodichino, e per il rilancio definitivo del collegamento su ferro Avellino – Salerno, elettrificando la rete esistente, realizzando il collegamento con l’Università degli Studi di Salerno e prolungando la rete fino all’aeroporto di Salerno e ad Eboli.
Ultimato e portato a termine questo progetto, sarebbe consentito investire sul trasporto su gomma quale supporto ed adduzione alla rete ferroviaria.
In particolare la crisi del trasporto in Regione Campania è dipesa essenzialmente da una totale mancanza di programmazione; tra il 2010 ed il 2012 c’è stato un taglio di risorse per il solo trasporto su gomma di circa il 27% contro una media nazionale nelle altre regioni di circa l’11%; un taglio questo che ha generato inevitabilmente disagi agli utenti ed esuberi di personale, gestiti praticamente senza alcuna politica riguardanti ammortizzatori sociali e/o sostegno all’esodo.
A questo tragico scenario, si è abbinata la totale assenza di investimenti per la sostituzione del parco rotabile (abbiamo un’età media dei bus di circa 12 anni) ed un sistematico ritardo nei pagamenti dei servizi svolti (in questi giorni si sta pagando novembre e dicembre 2013). In altre regioni (Puglia) per dare maggiore sostegno alle imprese si applica una politica di pagamenti anticipati (tre mesi) con le dovute compensazioni successive sui rendiconti.