Più di 7000 persone, non solo salernitane ma provenienti anche dalla province limitrofe, perdono un’infrastruttura fondamentale per la mobilità cittadina ma anche ad alto valore aggiunto.
Infatti l’investimento nel trasporto su ferro comporta tanti vantaggi indiretti che però hanno un loro valore economico anche se nascosto: meno traffico, meno inquinamento, meno stress, minori tempi di trasporto, maggiore sicurezza, minori incidenti stradali. Sono dei vantaggi di cui dovrebbe tenere conto la politica dei trasporti regionale, sempre se ci fosse.
Ai tanti interrogativi inviati alla Regione su come si debbano muovere questi utenti all’indomani della chiusura nessuna risposta, solo un’attenzione ai conti con pratiche da “austerity” che poco tengono conto delle esigenze degli utenti e soprattutto prescindono da una logica di sviluppo futuro. Si progetta la rete dei trasporti solo sui dati passati, sui dati ISTAT a volte vecchi di anni, senza immaginare che proprio una progettazione ottimale dei servizi potrebbe portare a maggiori e diversi flussi di utenza.
Eppure negli ultimi anni Salerno è diventato un importante nodo trasportistico per lavoratori, studenti e turisti; non a caso la città è divenuta un rilevante terminale sia per l’Alta Velocità che per il traffico crocieristico. Però un cittadino irpino, sannita o a sud di Salerno difficilmente può usufruirne. Ed il modo più valido di valorizzare questo nodo sarebbe proprio quello di investire sul trasporto ferroviario metropolitano anche per ridurre le distanze tra i capoluoghi, tra centro e periferia, tra città e provincia; un discorso valido per tutto il territorio campano ma che sembra essersi concretizzato solo per la città di Napoli.
In questo momento sarebbe necessario investire, ad esempio utilizzando i fondi europei per progetti strategici, nel potenziamento delle linee ferrate per collegare Salerno alla sua area vasta che giunge fino all’area vesuviana ed a quella avellinese. Ma proprio la vicenda della Metropolitana di Salerno, fa sorgere il dubbio di quanto veramente si voglia investire nel potenziamento dell’infrastruttura per cui sono previsti il prolungamento fino all’aeroporto Costa d’Amalfi, fino a Vietri e Cava e soprattutto il raccordo per raggiungere l’Università sita nel comune di Fisciano.
Sicuramente è necessaria anche un’attenzione rispetto ai conti dei servizi di trasporto, ma non necessariamente ricorrendo a tagli su tagli. Uno dei metodi, tanto invocati dalla Regione ma poco applicati, sarebbe quello dell’integrazione ferro-gomma, che consentirebbe di ottimizzare il trasporto su gomma utilizzandolo come adduttore alle relazioni ferroviarie ed evitando così sovrapposizioni.
In ogni caso non si può accettare che i territori meno popolati della Campania debbano soffrire continui tagli di servizi pagando per le inefficienze dei servizi ricadenti nelle aree più popolate. Questo non solo per un calcolo aritmetico ma perché proprio dalla riduzione delle distanze tra i capoluoghi e tra le provincie della Campania rappresenterebbe un modo per risolvere anche alcuni problemi causati dal sovraffollamento dell’hinterland napoletano.
Questo è il compito della politica dei trasporti, pensare il mezzo collettivo per la sua valenza sociale e come vettore propulsivo di sviluppo e non, come spesso accade, limitarsi ad una mera somma algebrica di costi e risparmi dovuti all’aggiunta o alla soppressione di servizi prescindendo dalla loro utilità o dagli effetti conseguenti di queste decisioni sull’economia della regione.
Dopo tante altre ferite rimaste aperte, soprattutto nelle aree interne, la metropolitana di Salerno può rappresentare un ulteriore emblema di come sia urgentemente necessaria una rinnovata politica dei trasporti che contribuisca al rilancio della Campania.