“Mi chiamo Omar” è la storia di una famiglia palestinese attraversata dalla storia della Palestina. Omar è il narratore che porta in scena la memoria fra immagini e suggestioni, una memoria delicata che infonde ammirazione e insieme un senso di inadeguatezza: è più forte di qualsiasi denuncia politica o filosofica. Il racconto parla di una casa in un remoto villaggio della Palestina, terra di battaglie e soprusi e violenze, di cui quasi non c’è traccia nella scena, se non come malinconico sottofondo nella consapevolezza di chi ascolta. Viene mostrata una vita quotidiana, lontana, altra, lenta , primordiale, da osservare e ascoltare, per uscire dalla convinzione che il proprio sia l’unico mondo possibile, l’unico plausibile.
Lo spettacolo sin dalla sua struttura scenica vuole riportare la potenza magica della narrazione orale. Un telo gigante, grande come uno schermo del cinema, rappresenta “la mente di chi ascolta” e su di esso prendono forma le immagini evocate dal racconto. Gli spettatori assistono, così, al tramutarsi delle parole in suggestioni che, nell’impossibilità di eguagliare il reale accaduto, diventano disegni animati (video-proiettati) ombre e immagini rarefatte, di attori che, dietro quel telo, interpretano i parenti più prossimi di Omar e il suo passato.
Infine i partecipanti vengono invitati a cena, sono ospiti, accolti sul palco e immersi nella scena, resa calda ed accogliente dalle musiche arabe e dagli odori dei cibi. Il racconto è il terzo appuntamento della rassegna salernitana “femminile palestinese” che si inserisce nella campagna nazionale lanciata a Roma nello scorso gennaio da “Cultura è Libertà”, associazione che sostiene e promuove la cultura palestinese, in quanto espressione dell’esistenza e resistenza di un popolo. Nello specifico il progetto salernitano dedica una particolare attenzione al ruolo della donna nel mondo arabo e all’importanza del contributo femminile nella cultura palestinese, alla capacità che le donne hanno di mettere in discussione i confini e le narrazioni dell’occupazione.
Attraverso l’arte e la creatività la donna sa esprimere resistenza all’occupazione, alla colonizzazione, alla diaspora, alla discriminazione, alla violenza. La rassegna quindi si articola in tre appuntamenti, con la presenza di donne palestinesi o che parlano di Palestina. Il primo è stato la conferenza di Isabella Camera D’Afflitto, arabista dell’università La Sapienza di Roma, su “femminismo arabo: dall’Egitto alla Palestina” al Marte di Cava de Tirreni il 6 marzo.
Il secondo è stato l’incontro con la regista indipendente di Gerusalemme, Sahera Dirbas e la proiezione del suo film “Jerusalem bride” all’Università di Salerno, presso la biblioteca Santucci della cattedra di Sociologia degli Audiovisivi Sperimentali, il 25 marzo u.s. Ora è il momento dello spettacolo teatrale “mi chiamo Omar”, che si conclude con cena araba, al Teatro Antonio Ghirelli (TAG) di Salerno il 24 aprile p.v. alle ore 21,00.
La rassegna “femminile palestinese – la donna, l’arte, la resistenza” è promossa da “Cultura è Libertà” e dalla “Comunità Palestinese della Campania” e raccoglie il sostegno e il partenariato di molti altri attori: il Comune di Salerno, la Mediateca MARTE di Cava Dè Tirreni, la Fondazione Salerno Contemporanea, il Teatro Antonio Ghirelli (TAG), l’Università degli Studi di Salerno, Nena-News Agency (Near East News Agency – Agenzia Stampa Vicino Oriente), la Fondazione Alfonso Gatto, la Rete Radiè Resh gruppo di Salerno, l’ANPI sezione di Salerno, l’associazione di donne “se non ora quando” sezione di Salerno e l’associazione Asinu. Sostiene il progetto inoltre la Banca di Credito Cooperativo di Aquara.
In dettaglio lo spettacolo “mi chiamo Omar”
scritto e diretto da Luisa Guarro
con Omar Suleiman, Sergio Del Prete, Antonella Mahieux, Giulia Musciacco, Sara Schiavo, Dalal Suleiman
disegno luci Paco Summonte
suoni Paolo Petraroli
illustrazioni Irene Servillo e Antonio Ruberto
progetto video Luisa Guarro e Alessandro Papa
foto di scena Alfonso Fierro.
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