Se qualcuno chiede: “E’ qui la festa?”, la risposta è no. Magari da Roma in su il 1° maggio può ancora rientrare tra le ricorrenze da festeggiare anche con spirito ludico. Quaggiù, no. Il 1° maggio per noi resta quella foto ingiallita – da custodire gelosamente – che ritrae le lotte della classe operaia e sindacale. Il 1° maggio per noi è anche l’ennesima occasione per riflettere sulle lotte di oggi, che spesso sono senza speranze e senza nemico. I livelli di disoccupazione sono ormai da record, l’impresa è in crisi, le possibilità di ripresa annegano nelle sabbie mobili della burocrazia, le soluzioni governative sono improntate alla difesa oltranza dello 0 a 0 piuttosto che a smuovere le acque. E i cortei del 1° maggio a Nocera e Salerno assumono caratteristiche e sembianze delle manifestazioni di tutti gli altri giorni dell’anno. Unica differenza, l’indole pacifica: bandiere e striscioni invece che occupazioni e gente disperata che urla. Urla nel silenzio come quelle dei lavoratori Essentra. Un anno fa, per loro era un giorno di festa. Oggi è un incubo per 81 famiglie che vanno ad allungare l’elenco di chi un lavoro lo aveva e non ce l’ha più. Per chi vuole consolarsi, c’è il concerto del 1° maggio. Ma più che di concerti, c’è bisogno di concertazione.