Può far sensazione in una Salerno, interamente protesa verso il teatro lirico, la scelta di proporre otto appuntamenti cameristici affidati ai migliori allievi della nostra massima istituzione musicale. La minore evidenza gestuale, la riserbatezza dei mezzi e, in genere, la comparativamente maggiore difficoltà di linguaggio, fanno sovente, di un ciclo di concerti da camera, una vera e propria battaglia contro la pigrizia di una parte del potenziale pubblico, nell’interesse dello stesso uditorio, che speriamo possa incominciare a vibrare “per simpatia” con i giovani interpreti, facendo “risuonare” sempre più l’interesse verso il repertorio cameristico, che sa unire alla suprema densità di scrittura non meno straordinaria amabilità e accattivante eloquenza. Ben otto gli appuntamenti tutti con un tema ben preciso, a partire dal concerto inaugurale del 1 giugno “Attraverso l’Europa” con cui toccheremo la Germania con il Beethoven del Trio op.11 in Sib Magg. per pianoforte clarinetto e fagotto, in cui spicca, per delicatezza e pregnanza espressiva il terso cantabile, la Francia con la sonata per violino e pianoforte in la maggiore di César Franck, nella trascrizione per flauto, opera emblematica non soltanto dello stile del suo autore ma, in qualche modo, di un’intera epoca della musica francese, dove convivono e si intrecciano intensità lirica, elegante nitore della scrittura, culto e rigore della forma, pronunciato gusto neoclassico, evidente, tra l’altro, nel ricorso alla tecnica contrappuntistica, linguaggio armonico raffinatissimo ispirato dal cromatismo wagneriano, nonché da ripensamenti modali, anelito all’organicità compositiva e per finire, la Russia con il Trio Pathétique di Mikhail Glinka, una pagina di raro ascolto che rimanda ad un amore contrastato, un soggetto tipicamente operistico in omaggio al melodramma italiano.
Il 2 giugno, la serata sarà dedicata alla “Poesia per musica”: i versi di Heine, Ruckert, Goethe, Verlaine, Puskin, si ritroveranno nelle melodie di Schumann, Schubert, Faurè, Debussy, Rachmaninov, con una incursione nella romanza da salotto di Tosti e le miniature di Donizetti, Rossini e Verdi. Salerno vanta la nascita della scuola italiana di sassofono, la prima cattedra dedicata a questo strumento è stata istituita nel suo conservatorio. L’appuntamento del 3 giugno vede, quindi, protagonista questo strumento che, sin dalla sua nascita, ha indovinato la fisionomia espressiva ed eclettica del secolo breve, qui impegnato in formazione, “Quattro più due” in una una trascrizione dei “Quadri di un’esposizione” di Modest Musorgskij, in cui ricordiamo che nella famosa versione orchestrale di Maurice Ravel al sax alto è già affidato “Il vecchio castello” e per l’esecuzione della Suite Hellénique di Pedro Iturralde, in cui i quattro sassofonisti dovranno distillare timbri popolari e classici, dando corpo al sincretismo dell’autore con infinita energia, schizzando un brano in cui è già superata ogni barriera di separazione tra i diversi generi, spaziando tra antiche danze e canti popolari che rivivono in una incalzante antitesi di ritmi e armonie, supportati anche dalle percussioni.
“Insolite combinazioni” per il concerto del 4 giugno, in cui violino e chitarra s’incontreranno nella sonata in Mi bemolle HWV 375 di Haendel dove la ricerca della cantabilità, la brillantezza e l’inesorabilità ritmica, la conduzione mai invasiva dell’imitazione vanno di pari passo con un’ispirazione sempre vigile, e ancora flauto e cello per lo stile esotico di Heitor Villa Lobos di Assobio a jàto, e i giochi onomatopeici, in dodici raffinati schizzi, del sax alto e del violoncello che andranno a comporre Bestiaire di Alphonse Stallaert, per chiudere con il Trio in do minore op.66 di Felix Mendelssohn, un’opera poderosa, ricca di contrasti e di potenti chiaroscuri. La musica per “Archi e pianoforte” verrà omaggiata il 5 giugno, con lo splendido movimento di quartetto con piano di Mahler, incompiuto (si tratta di un Gustav poco più che bambino), ma di struggente impatto drammatico, in cui riconoscerete l’ossessiva e trascinante colonna sonora, citata esplicitamente, del thriller psicologico Shutter Island, di Martin Scorsese, unitamente al “Forellen-Quintett” in La D667, in cui Franz Schubert plasma la sua opera d’arte solo dietro l’impulso di un gioco offerto da combinazioni sonore attraverso le quali si può cogliere il senso più vero e nascosto della creatività idilliaca e crepuscolare dell’autore. Il 6 giugno “Fiato alle trombe!”.
Saranno di scena i brillanti ottoni, introdotti, però, dai virtuosismi di due flauti che s’inseguiranno sui temi verdiani della Rigoletto-Fantaisie di Franz e Karl Doppler. Da Manouvrier al Capriccio di Musorsgkij, un momento non pittoresco ma surreale, sino ad una pagina contemporanea di Edgar F Girtain IV “Images of Chaiten”, per chiudere, con una delle più amate marce di John Philip Sousa “Washington Post March”, il programma del brass ensemble del Martucci. Due fiabe in musica prenderanno vita in Sant’Apollonia il 7 giugno. La prima sarà “La boìte à joujoux”, di Claude Debussy, un balletto destinato all’infanzia ma come spettacolo di marionette. Nel balletto assistiamo all’uscita dei giocattoli, di notte, dalla scatola in cui sono rinchiusi, a una battaglia accesasi d’improvviso perché il soldato, innamorato della bambola, viene ferito da Pulcinella, al nascere nella bambola di un sentimento amoroso verso il soldato, alle loro nozze e alla loro felice vita coniugale. Un vero brogliaccio pianistico per una partitura orchestrale, che ascolteremo, però, da un originale sestetto.
Ancora un quartetto di sassofoni, con voce recitante, per eseguire Pierino e il lupo di Sergej Prokofiev, musica d’una semplicità disarmante, soprattutto se paragonata alle dimensioni e alla complessità delle partiture che i compositori (e tra questi Prokofiev stesso) scrivevano in quegli anni. Semplicità che potrebbe anche indurre nell’equivoco di sottovalutarla, ma non è affatto eccessivo definire un capolavoro questa piccola opera musicale sui generis, per il perfetto equilibrio tra musica e parola, narrazione e dimensione sonora, connotazioni timbriche e personaggi, che si alternano nel mirabile dipanarsi della favola. Dove va la musica, quali le nuove correnti? La serata conclusiva di questo piccolo festival, prevista per l’8 giugno, ha per tema “Verso il futuro”, uno sguardo in planata, che parte dal Quartetto op. 22 di Anton Webern, in cui la scelta dell’organico si avvicina al gusto jazzistico, anche se ogni riferimento stilistico a quel mondo musicale è ben lontano dalle intenzioni del compositore, passando per i doppi suoni e gli armonici del III Arabesque di Ichiro Nodaira per sassofono, la combinazione timbrica del flauto e del clarinetto del Choro n°2 di Heitor Villa Lobos, la musica marina per due sax alti di Christian Lauba, in Adria, un omaggio al Mar Adriatico, dedicato a Federico Mondelci, per salutarci con la Suite Bourgeoise di Malcolm Arnold, cinque deliziosi movimenti scritti in gioventù, tecnicamente brillanti, estroversi e divertenti.