L’attività eseguita, in tutto il territorio nazionale, ha riguardato un decreto di sequestro preventivo nei confronti di due fratelli, titolari d’istituti scolastici paritari già oggetto di indagini da parte dello stesso Reparto del Corpo.
Le complesse investigazioni condotte dalle Fiamme Gialle avevano già portato nel 2013 all’arresto dei due imprenditori e all’esecuzione dell’obbligo di firma per altre sette persone, tra coordinatori didattici, assistenti amministrativi e “procacciatori” di nuovi studenti provenienti da diverse Regioni d’Italia.
Al termine della precedente operazione erano stati denunciati 132 soggetti (tra cui numerosi docenti e studenti che avevano falsamente attestato di risiedere presso indirizzi di comodo nella provincia di Salerno, mentre in realtà residenti ed impiegati in altre regioni, tra cui Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Lazio, Calabria, Puglia e Basilicata) per reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione e falso.
Nei mesi scorsi, agli indagati è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari emesso dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania, mentre è ancora in corso nei confronti dei due fratelli, a capo del sodalizio criminale investigato, il procedimento di applicazione di una misura di prevenzione dinanzi al Tribunale di Salerno.
Il nuovo provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Vallo della Lucania, scaturisce dagli esiti di ulteriori indagini concluse nel 2013 dalle fiamme gialle e derivanti da approfondimenti di natura fiscale condotti mediante l’esecuzione di accertamenti bancari e patrimoniali nei confronti dei due fratelli, nonché di uno dei tre istituti scolastici paritari ai medesimi intestati, con sede in Agropoli, tutti qualificabili come evasori totali.
Le tre verifiche fiscali eseguite hanno consentito di quantificare complessivamente in oltre 1,3 milioni di Euro la materia imponibile sottratta a tassazione ai fini delle imposte sui redditi nel triennio 2009-2011, attraverso la mancata presentazione delle dichiarazioni fiscali da parte dei due imprenditori e dell’Istituto paritario da essi amministrato.
Le indagini patrimoniali svolte hanno inoltre consentito di rilevare l’adozione, da parte dei due fratelli, di un ingegnoso stratagemma avente l’obiettivo di mettere al riparo i propri beni dal Fisco, pur conservando la titolarità e la disponibilità diretta degli stessi.
Difatti, dopo l’avvio delle più recenti attività di verifica fiscale, presso uno studio notarile di Salerno, i due fratelli avevano costituito un fondo patrimoniale conferendo nel medesimo i numerosi immobili acquisiti nel corso degli ultimi anni, localizzati nei comuni di Agropoli, Torchiara e Laureana Cilento, al fine di sottrarsi al pagamento di ulteriori imposte, quantificate in oltre un milione di Euro
La contestazione di tali reati fiscali ha portato all’emissione dell’ultimo provvedimento di sequestro preventivo, da parte del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Vallo della Lucania, che è stato eseguito sulla disponibilità finanziarie e su 26 unità immobiliari, del valore complessivo di oltre 1,4 milioni di Euro, in parte già interessati dal sequestro precauzionale disposto dal Tribunale di Salerno nell’ambito della procedura di applicazione della misura di prevenzione patrimoniale parallelamente avviata nei confronti dei due fratelli, in base alla legislazione contenuta nel nuovo “Codice Antimafia” emanato nel 2011.
Il vincolo cautelare è stato esteso anche alla partecipazione intestata ad uno dei due fratelli in una società di capitali, utilizzata per l’acquisto in leasing, al prezzo di 2,5 milioni di Euro, di un noto albergo di Agropoli, attualmente in ristrutturazione, che ospita l’istituto alberghiero paritario oggetto di verifica fiscale.
Il sequestro è stato reso possibile dall’applicazione della norma, introdotta con la legge finanziaria per il 2008, che estende anche ai reati tributari la c.d. “confisca per equivalente”, ossia la possibilità, qualora non si possa procedere alla confisca dei beni che costituiscono il diretto profitto del reato, di “aggredire” comunque i beni di cui il reo abbia la disponibilità, per un valore corrispondente al suddetto profitto.