“Esprimo una misurata soddisfazione di fronte alla sentenza che mi assolve da tutte le imputazioni a mio carico. – Dichiara soddisfatto ma nello stesso tempo amareggiato il Patron del Centro Congressi San Luca di Battipaglia, nel commentare la notizia che arriva a distanza di 14 anni dai fatti a lui addebitatigli – Misurata sia perché le lungaggini del procedimento giudiziario hanno portato ad alcune prescrizioni, sebbene la sentenza definisca anche nel merito la mia innocenza, sia perché 14 anni per attendere una sentenza e la conclusione di un processo sono una sconfitta per tutti: gli imputati, gli avvocati, i magistrati inquirenti, il collegio giudicante.
In ogni caso ora questo incubo è finito, – prosegue Vitolo manifestando tutta il sua amarezza per quella che è stata per lui un incubo lungo 14 anni e che gli ha procurato non pochi dispiaceri, oltre che notevoli problemi che hanno inevitabilmente toccato la sfera umana, personale, familiare e quella del lavoro e delle attività imprenditoriali sue e della sua famiglia – sono uscito da un lunghissimo tunnel e finalmente sento il mio animo sgravato da un peso insopportabile: il peso del dubbio e del sospetto, che questo castello accusatorio totalmente infondato aveva alimentato.
In queste ore – Conclude l’Imprenditore battipagliese Carlo Vitolo – devo esprimere due ringraziamenti: Il primo va al Presidente del collegio giudicante, Giudice Vincenzo Siani, che ha mantenuto equilibrio ed estrema correttezza in tutte le fasi del dibattimento; Il secondo va a mia moglie, ai miei figli e ai tanti amici che hanno sopportato i momenti bui e mi hanno trasmesso la forza per resistere e guardare al futuro con ottimismo e fiducia”.
Senza entrare nel merito della sentenza, del castello accusatorio e dell’intera fase processuale, ritenendo non sia giusto ricordare momenti e fatti che in ogni caso toccano chiunque ne sia stato coinvolto e specie chi si sente estraneo a fatti contestati, resta il fatto che una lunga storia si conclude positivamente.
E come si fa a non esprimere il proprio rammarico quando si attende come in questo caso, ma come in tantissimi altri, 14 anni per avere giustizia? Quanta amarezza procura un’attesa così lunga? Quanti, quali e di che dimensione sono i danni che si procura? Come si può ripagare chi per veder riconosciuta la propria estraneità deve subire estenuanti attese fino magari ad arrivare anche a dubitare delle istituzioni e nella fattispecie dell’Ordinamento Giudiziario, ritenedo per nulla giusta quella “giustizia”? Perché un Processo sia giusto e indipendentemente dall’essere innocente o colpevole, quanto deve durare senza farlo diventare un incubo?
Ed è questo che ci amareggia ed è questo che spesso fa vacillare anche l’uomo più democratico quando si incappa in queste maglie. Ma quante persone che subiscono questa sorte finiscono per precipitare nel “burrone” e non riscire più a risalire la china? Di queste storie se ne sentono a centinaia, troppe, e dalle nostre parti tra Battipaglia, Eboli, Salerno, Cava e altre cittadine, da Scafati a Sapri a decine sono stati imprenditori che non si sono più rialzati, proprio perché i processi non avevano mai una fine.
E se le spalle di Carlo Vitolo non fossero state solide e le sue attività non fossero state differenziate, e se non avesse avuto la forza e la vicinanza, come egli stesso ha tenuto a sottolineare, della sua famiglia e dei suoi amici che gli hanno dato la forza di resistere e di andare avanti, che cosa sarebbe successo, avrebbe subito la stessa sorte di tante persone e di tanti imprenditori e tante sane realtà imprenditoriali finite in malo modo rovinando sacrifici e smorzando speranze e futuro?
Fortunatamente in questo caso, anche se con tante ammarezze e tanti brutti ricordi, la vicenda ha avuto un epilogo lungo ma positivo, e ora è il caso che vi sia un riconoscimento per lui e per coloro i quali hanno vissuto la stessa esperienza che gli dia il “Diritto all’oblio“, perché un seplice ricordo, semmai involontariamente o artatamente richiamato non sia uno sfregio e non rappresenti una forzatura che non può altro che rafforzare il disprezzo per chi viola quel diritto.
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