Questi risultati sono disegnati dal nuovo pacchetto di indicatori, che rispetto alle edizioni precedenti delle «classifiche di qualità» offrono un quadro più ricco e articolato. La nuova impostazione, che misura il risultato finale per metà sugli indicatori della didattica (i primi nove) e per metà su quelli della ricerca (si veda la nota metodologica) permettono anche di valutare più a fondo le caratteristiche di ogni ateneo. In realtà, le sedi più “forti” occupano i primi posti in entrambe le graduatorie, ma il confronto fra le classifiche permette di individuare da un lato gli atenei eccellenti su terreni come la struttura docente e la puntualità degli iscritti rispetto al piano di studi (in particolare i Politecnici, guidati da Milano) e dall’altro le performance più brillanti sui progetti di ricerca o sulla qualità dell’alta formazione (Verona tra le statali, la Luiss fra le non statali). In tutti gli indicatori, emergono altrettanto chiare le difficoltà che si vivono al Sud, dove l’emigrazione studentesca priva spesso le università degli studenti più motivati. La carenza di strutture si spiega anche con un livello di tasse universitarie molto più basso della media e anche la ricerca fatica a farsi davvero strada.
Con la sola eccezione di Salerno, al 22esimo posto, gli atenei meridionali si affollano nella seconda parte della classifica generale: Foggia e l’Orientale di Napoli si incontrano al 34esimo posto, le principali università napoletane sono in fondo (la Federico II è alla casella 56, la Seconda università alla 58), e non si incontra nessuna università del Centro-Nord negli ultimi 16 posti.
I nuovi indicatori. Più della posizione complessiva, però, le indicazioni più interessanti arrivano dai singoli indicatori, che provano a offrire un esame il più possibile completo su pregi e difetti di ogni ateneo. Sul versante della didattica, debuttano nuovi dati che provano a fare luce sui temi più attuali per la formazione universitaria. Risponde a questa esigenza, per esempio, la misurazione del peso degli stage in azienda e quello delle esperienze internazionali sulla “carriera” degli studenti, indicatori che indagano la capacità dell’ateneo di aprire all’esterno l’esperienza di studio dei propri iscritti e offrire loro strumenti in più da spendere sul mercato del lavoro. Uno sviluppo successivo di questo filone, che debutterà nelle prossime edizioni delle «classifiche di qualità», farà luce sulla «terza missione», cioè il compito delle università che si aggiunge a didattica e ricerca e chiede di portare il patrimonio di conoscenze fuori dall’università per influire direttamente sulla società che le sta intorno.
Un altro parametro al debutto è quello sul diritto allo studio, con cui si misura la quota di studenti che oltre a essere definiti «idonei» per la borsa di studio ottengono davvero l’aiuto. La responsabilità della mancata copertura totale, e quindi della presenza di studenti a cui viene negato un diritto certificato, è in genere delle Regioni, ma il dato è di sicuro interesse per le famiglie. Molto importante, poi, il giudizio dei laureandi sul corso che stanno completando. Secondo la riforma, anche i parametri ministeriali sui “premi” agli atenei avrebbero dovuto considerare questo dato, ma nei fatti è sempre stato trascurato: dopo qualche anno di “deroghe”, il parametro ha finito addirittura per scomparire in silenzio dai decreti con l’assegnazione dei fondi.
Il deficit di attenzione per i dati più importanti nell’ottica degli studenti, del resto, sembra il vizio d’origine di tutto il sistema istituzionale intorno all’università, che nel mare di rilevazioni avviate negli anni non è riuscita a mettere in campo un sistema condiviso da tutti per misurare i successi occupazionali degli studenti: c’è AlmaLaurea, certo, ma non abbraccia tutti gli atenei, altri sono censiti dai rapporti del consorzio Stella (ora in Cineca), mentre altri ancora, fra i quali realtà importantissime come il Politecnico di Milano, la Bocconi o la Luiss, misurano “in casa” le fortune dei propri ex studenti nel mercato del lavoro. Il risultato è la non confrontabilità dei dati, che penalizza l’indicatore n. 9 delle classifiche, ma soprattutto la conoscenza del Paese sulle informazioni che interessano più da vicino studenti e famiglie soprattutto in questi tempi di record per la disoccupazione giovanile. Lo scrive Il Sole 24ore
DICHIARAZIONE TOMMASETTI. “La buona notizia è che l’Università di Salerno risulta essere la prima università del Mezzogiorno, la 22esima nel rating nazionale, per le nuove classifiche sulle qualità pubblicate da Il Sole24Ore di questa mattina. Sicuramente una notizia positiva che premia gli sforzi che stiamo conducendo in tutti gli ambiti per cercare di porre sempre più attenzione alla qualità della nostra ricerca e della nostra offerta formativa. Allo stesso tempo ci rammarica, ma troviamo comprensibile, il fatto che le università del Sud occupino la seconda parte della graduatoria, con risultati inferiori al nostro.
Oggi essere rettore del Sud è sicuramente un’operazione complicata; viviamo in un contesto socio-economico difficile e non possono che risentirne anche la qualità della didattica e della ricerca. Ecco perché, partendo da Salerno, anche in forza di questi buoni risultati e di questa leadership regionale che ci viene riconosciuta rispetto agli altri atenei, dobbiamo chiedere con forza alla buona politica nazionale e al Ministro Giannini di sostenerci nella nostra attività. Se è vero come è vero che il Ministro stesso, durante la visita al nostro Campus dello scorso lunedì, ha avuto modo di definirci come eccellenza del Mezzogiorno, è arrivato il momento di premiare con i fatti questi riconoscimenti.
La stessa richiesta vale anche per la buona politica regionale, perché l’Università di Salerno è un patrimonio della Regione e, come tale, bisogna che partecipi in tutte quelle linee in cui ci sono spazi di manovra per gli atenei. Lo chiediamo dall’alto di questi risultati e degli sforzi che stiamo facendo come Ateneo, come corpo docente, come personale tecnico e come comunità di studenti.
Aggiungo una parola anche sugli studenti. Il dato di questa indagine va infatti scomposto. Se è esaltante per quanto riguarda la ricerca scientifica, lo è meno per quanto riguarda la didattica. Anche su questo l’Università deve lavorare. Dobbiamo porre nuovamente lo studente al centro dell’attenzione dell’Ateneo e quindi tutti i soggetti coinvolti, i Direttori dei Dipartimenti, i Presidenti di Corsi di Studio e i singoli docenti, devono capire che bisogna porre attenzione al singolo studente, al singolo percorso di studio, affinchè lo studente esca più rapidamente dal percorso di studio, svolgendo così un buon servizio per la didattica e, più in generale, per l’Ateneo”.
In riferimento alla pubblicazione delle classifiche Sole 24 Ore sulla qualità degli Atenei, che ha visto l’Università degli Studi di Salerno posizionarsi come primo ateneo del Mezzogiorno, il Rettore Tommasetti ha rilasciato questa dichiarazione: