La riforma costituzionale appena approvata al Senato prevede infatti una dieta pesante per le loro tasche. All’articolo 29 del ddl Boschi si legge infatti che «gli emolumenti spettanti ai consiglieri regionali non potranno superare quelli spettanti ai sindaci dei comuni capoluogo di regione». Per i consiglieri di molte regioni sarà un taglio considerevole, variabile a seconda dello stipendio di partenza (diverso da Regione a Regione) e del sindaco del capoluogo di riferimento, anche questi molto differenti tra loro. Il sindaco di Napoli prende 4.100 euro al mese, quello di Bologna 7.600, a Roma 4.300 euro, a Bari 5.800, quello di Milano è 5.600 (autoridotto a 3.600 euro).
Vuol dire che i consiglieri regionali lombardi, se la riforma diventerà legge, dovranno rinunciare a circa 3mila euro al mese (l’attuale stipendio è di 8.400 euro netti al mese). Per quelli della Regione Lazio di «Er Batman» Fiorito, capostipite degli scandali sui soldi regionali sottratti a piene mani, il taglio vale 2mila euro al mese. Troppi, secondo il partito trasversale dei consiglieri regionali avversi alla riforma. «Con 5.200 euro al mese la politica non si può fare, dovrò ridurre sedi e collaboratori» dice al Messaggero Giuseppe Cangemi, consigliere regionale del Ncd in Lazio. Anche in Lombardia sono pronti alla guerra. Tra i più agguerriti c’è Raffaele Cattaneo (Ncd), presidente del Consiglio regionale lombardo. «Se il problema sono i tagli, li abbiamo già fatti. Il Consiglio lombardo ha già tagliato i fondi ai gruppi dell’86%, l’indennità del presidente del 40% e dei consiglieri del 27%. Equiparare in Costituzione l’emolumento dei consiglieri regionali a quello dei sindaci è una follia legislativa. Si capisce che il governo ha un’intenzione punitiva verso le Regioni e vuole fare un’operazione di facile comunicazione di facciata, ma le riforme fatte così non hanno senso. Noi non ci opponiamo ai tagli, che anzi abbiamo già fatto, ma ci opponiamo alla distruzione del modello regionale».
L’altro fronte aperto è quello dei vitalizi dei consiglieri regionali, inclusi gli ex (solo quest’anno il Veneto elargirà 11,2 milioni di euro). Si mettono a punto tagli, innalzamenti dell’età pensionabile, meccanismi per limitare l’enorme spesa pubblica per i vitalizi degli eletti nelle Regioni. In Piemonte i consiglieri si sono tagliati il vitalizio, con la paradossale conseguenza – denunciata da M5S – che il loro stipendio è aumentato di 1.600 euro al mese, per effetto del taglio della contribuzione previdenziale. Problema vitalizi che pesa in particolare sulla Regione Lazio, che ha abolito il vitalizio per gli attuali (e futuri) consiglieri regionale, ma per gli ex la faccenda si complica. «Lì ci sono dei diritti acquisiti che nel corso degli anni, prima di noi, sono partiti, ed è evidente che andranno affrontate le storture, evitando il pericolo di aprire vertenze o ricorsi» dice Luca Zingaretti presidente della Regione Lazio. Dove, per effetto di una serie di norme (in primis l’età sufficiente a far scattare la pensione, solo 50 anni), si potrebbe abbattere un salasso da 20 milioni l’anno con una quarantina di neopensionati pronti a chiedere l’assegno, «diritto acquisito»
Fonte il Giornale