1) Le immagini, i video e le informazioni (compleanno, feste scolastiche etc.) espongono la prole a qualsiasi genere di malintenzionato, che con un paio di click può essere in grado di sapere che faccia ha loro figlio, dove va a scuola e a che ora viene lasciato sul piazzale della palestra per gli allenamenti di karate o a scuola di danza;
2) Non è dato sapere con esattezza come il social network utilizzerà l’immagine e le informazioni dei bambini;
3) I contenuti e le immagini possono essere rubati e usati a scopi pedopornografici da parte di qualche maleintenzionato;
4) Non è detto che il loro figlio sarà entusiasta, una volta raggiunta l’età per iscriversi a Facebook, di sapere che frammenti della sua imbarazzante infanzia sono stati dispersi ai quattro venti della rete.
Ma se da un lato il numero di genitori accorti sta crescendo, dall’altro la fetta di chi condivide materiale sui propri figli a tutto spiano rimane grande. Stando a una ricerca condotta nel 2011 dal University of Michigan’s Institute for Social Research, il 66% dei genitori americani nati tra gli anni ’60 e ’70 condivide senza remore la vita dei propri bambini online. Naturalmente, Facebook e altri social mette a disposizione una serie di strumenti che dovrebbero consentire di mantenere un controllo effettivo sui contenuti condivisi, ma alcuni genitori non si fidano. Volendo guardare come lo scandalo NSA ha influito sui sistemi di messaggistica (facendo la fortuna di app come WhatsApp), è ragionevole immaginare che, se questa tendenza continua ad aumentare, presto spunteranno nuovi strumenti che promettono una privacy blindata,studiati su misura per i genitori più premurosi.
Articolo tratto da Panorama.it