A illustrare nei dettagli i contenuti del provvedimento sarà domani lo stesso Franceschini nella sede del dicastero. La riforma punta a estendere – a quanto si apprende – i modelli di gestione mista pubblico-privata di siti e istituti, ma prevede anche, in base all’articolo 115 del Codice dei beni culturali, la possibilità di dare in gestione diretta a privati alcuni siti.
Questa, invece, la lista aggiornata degli istituti e musei di rilevante interesse nazionale dotati di piena autonomia gestionale e finanziaria, con direttori altamente specializzati e selezionati con procedure pubbliche:
1) Soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’area archeologica di Roma (sotto cui viene ricondotto anche il Museo Nazionale Romano);
2) Soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia;
3) la Galleria Borghese;
4) la Galleria degli Uffizi;
5) la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma;
6) le Gallerie dell’Accademia di Venezia;
7) il Museo di Capodimonte;
8) la Pinacoteca di Brera;
9) la Reggia di Caserta;
10) la Galleria dell’Accademia di Firenze;
11) la Galleria Estense di Modena;
12) la Galleria Nazionale d’arte antica di Roma;
13) il Polo Reale di Torino;
14) il Museo Nazionale del Bargello;
15) il Museo Archeologico Nazionale di Napoli;
16) il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria;
17) il Museo Archeologico Nazionale di Taranto;
18) Paestum;
19) il Palazzo Ducale di Mantova;
20) il Palazzo Reale di Genova.
Resta confermato, per il resto, l’impianto della riforma, con l’ammodernamento della struttura centrale del ministero e la semplificazione di quella periferica; l’integrazione definitiva tra cultura e turismo; il rilancio delle politiche di innovazione e formazione; la valorizzazione delle arti contemporanee; la revisione delle linee di comando tra centro e periferia (semplificazione delle procedure per ridurre i contenziosi) e il taglio delle figure dirigenziali (37 dirigenti in meno)