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Storie di ripescaggi: nel 2003 Aliberti riuscì a spuntarla con una B a 24 squadre

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Non ha goduto della stessa sorte di Aniello Aliberti il patron Claudio Lotito. Nonostante un “peso” politico superiore in federazione il presidente granata non è riuscito a spuntarla nel ripescaggio in serie B. Non certo per suoi demeriti, ma in questi casi anche la fortuna gioca ruoli fondamentali. Diverso fu l’epilogo nel 2003, dove Aliberti, nonostante non era ben visto in Federazione lui e la Salernitana sia per le vicende relative alla Serie A e sia per aver ingaggiato Zeman considerato negli ambienti di potere “personaggio scomodo”  riusci a rientrare in corsa dopo una cocente retrocessione approfittando del Caso-Catania che rimarrà una delle pagine più rocambolesche della giustizia sportiva.

Era una “calda estate” quella del 2003 che portò alla legge n. 280 che disciplina i rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale.
Tale intervento legislativo costituisce, in parte, una sorta di codificazione dei principi già affermati negli anni della giurisprudenza in tale materia, ovvero in linea generale, il “principio di autonomia” dell’ordinamento sportivo rispetto a quello dello Stato ed i limiti di tale autonomia: in particolare, la legge riserva al primo la cognizione su determinate questioni, avente carattere e rilevanza meramente interni allo stesso, mentre riconosce la configurabilità della giurisdizione statale, ed in particolare la giurisdizione del giudice amministrativo e la competenza territoriale del T.A.R. del Lazio con sede in Roma, nei casi in cui questioni originatesi nell’ambito dello sport assumano rilevanza anche per l’ordinamento giuridico dello Stato. Bisogna però sottolineare che permane, in alcuni casi indicati specificamente dalla legge, la possibilità di adire il giudice ordinario.


L’ intervento legislativo fu reso necessario a seguito del c.d. “caso Catania” verificatosi nel 2003: ripercorriamo in proposito i momenti salienti della vicenda.
Nella partita Catania-Siena del campionato nazionale di calcio Serie B, giocata il 12 aprile 2003 e terminata con il punteggio di 1-1, il Siena schierava nelle sue file il giocatore Luigi Martinelli, che, a giudizio della Società Sportiva Catania Calcio, non avrebbe dovuto giocare in quanto, essendo stato squalificato per un turno dopo la partita del 30 marzo, questi aveva giocato nel campionato nazionale Primavera il 6 aprile, non scontando così, secondo i legali della società etnea, il proprio turno di squalifica e giocando quindi contro il Catania come se fosse squalificato. 
Per questi motivi il Catania Calcio ricorse alla Commissione Disciplinare contro l’omologazione del risultato, sostenendo la violazione dell’art. 17, comma 13, del Codice di giustizia sportiva, il quale afferma che “la squalifica irrogata impedisce al tesserato di svolgere qualsiasi attività sportiva, in ogni ambito federale, per il periodo della squalifica, intendendosi per tale, nelle squalifiche per una o più giornate, le giornate in cui disputa gare ufficiali la squadra di appartenenza, ovvero quella in cui militava, quando è avvenuta l’infrazione che ha determinato il provvedimento disciplinare”.

Ma la Commissione respinse il ricorso sostenendo che il concetto di “squadra” non può essere dilatato e confuso con quello di società sportiva.
La società ricorre così alla Commissione d’Appello Federale e il 28 aprile 2003, la C.A.F. riformula la decisione impugnata dalla Commissione Disciplinare, infliggendo al Siena la sconfitta per 0-2 .
Secondo l’organo di ultimo grado della Giustizia Sportiva, le disposizioni del comma 13 dell’art. 17 C.g.s., debbono essere interpretate unitariamente, “avuto riguardo alle specifiche finalità rispettivamente perseguitate da ciascuna di esse nel sistema di esecuzione delle sanzioni”.
Sembra tutto finito e invece, in modo del tutto inaspettato, otto società militanti nel campionato di Serie B, ricorrono il 10 maggio 2003 alla Corte Federale, ai sensi degli artt. 32, comma 5 dello Statuto Federale e art. 22 comma 3 del Cgs, affinché tutelasse “i diritti fondamentali propri ed associativi”, che sarebbero stati lesi per effetto della pronuncia resa dalla C.A.F.
La Corte Federale, pur non avendo il potere di annullare le decisioni degli organi di giustizia sportiva, in base alle disposizioni statutarie, accolse il reclamo e annullò di fatto la decisione della C.A.F.
Venne così confermato il risultato della gara Catania-Siena del 12 aprile 2003, conseguito sul campo per evitare “una sensibile ferita in termini di equità all’interno dell’ ordinamento Federale” . 


Preso atto della decisione, il Calcio Catania S.p.A., violando il vincolo di giustizia , si rivolge al T.A.R. siciliano che accoglie l’istanza cautelare e “per l’effetto, sospende il provvedimento emesso in data 22 maggio 2003 della Corte Federale” , riottenendo i due punti persi che nel frattempo erano divenuti determinanti per la classifica finale del Campionato di Serie B (Catania “salvo”).
L’ordinanza venne poi confermata anche in appello dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana il 26 giugno.
Nel frattempo, essendo ormai il campionato finito, era impossibile determinare quale Società dovesse retrocedere nel campionato di C1 al posto del Catania. Si profila così in ambito federale l’ipotesi per la stagione 2003/2004 di una Serie B a 21 squadre (ovvero le 20 ordinarie più il Catania, da riammettere in esecuzione delle ordinanze dei giudici amministrativi).
In tale situazione, le altre tre Società retrocesse come il Catania (ovvero Cosenza, Genoa e Salernitana) presentano tre separati ricorsi ai vari T.A.R. locali, richiedendo di disporre il “blocco delle retrocessioni”, in quanto le norme della F.I.G.C. non prevedevano un organico della Serie B a 21 squadre e, pertanto, tale organico avrebbe dovuto rimanere a 20 oppure essere ampliato a 24 squadre. Tali ricorsi diventano particolarmente pericolosi per l’avvio dei campionati 2003-2004, soprattutto perché quello della Salernitana era già stato accolto con decreto presidenziale, mentre gli altri due, identici al precedente nel contenuto, pendevano ed erano stati fissati per la discussione in date collocate proprio in prossimità del previsto inizio del campionato stesso; in sostanza, il calcio italiano correva il serio rischio di vedere partire il campionato di Serie B a 21 squadre e di dovere poi ampliare tale organico a 22, 23 o 24 squadre a campionato iniziato per eseguire le decisioni de vari T.A.R.


In tale situazione il Governo decise di intervenire, conferendo immediatamente, tramite Decreto Legge, alla F.I.G.C. e al C.O.N.I. un potere straordinario per garantire l’avvio dei campionati, emanando atti anche in deroga alle proprie norme (in particolare agli artt. 49 e 50 delle N.O.I.F., che prevedono un organico della Serie B a 20 squadre e che stabiliscono che eventuali modifiche di tale organico assumono efficacia soltanto dopo decorsi due anni dalla loro introduzione), risolvendo “l’eccezionale situazione determinatasi per il contenzioso posto in essere” : avvio dei campionati possibile soltanto ampliando l’organico della Serie B con il “ripescaggio” per 3 delle 4 società ricorrenti (Catania, Genoa e Salernitana, alle quali si è aggiunta la Fiorentina per meriti sportivi) retrocesse sul campo in C1, in modo da far venire meno l’interesse ai rispettivi ricorsi.

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