Misure indicate nel dettaglio dall’ultima circolare del ministero della Salute, datata 1 ottobre, come sottolinea Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, uno dei due centri ad alta specializzazione indicati in Italia per l’assistenza e la diagnosi su ebola, insieme all’azienda ospedaliera ‘Sacco’ di Milano.
Un monito, spiega Ippolito, è quanto accaduto con il virus Sars: in quel caso il 60% delle nuove infezioni sono state acquisite in ospedale ed il 21% di tutti i casi di Sars si sono verificati negli operatori sanitari. Da qui l’importanza della prevenzione innanzitutto negli ambiti ospedalieri: ”L’igiene delle mani assieme al corretto uso dei Dpi – spiega l’esperto – è la principale misura di prevenzione”.
Prima di entrare in contatto con il paziente, dunque, medici e infermieri devono sottoporsi ad una vera e propria ‘vestizione’ anti-contagio. Per la protezione del corpo, devono indossare guanti, indumenti protettivi come camici impermeabili e copri scarpe. In particolare, per la protezione del viso sono invece obbligatori occhiali a maschera avvolgente e per proteggere le vie respiratorie si devono indossare maschera chirurgica idrorepellente e respiratori.
Prima di uscire dalla stanza di isolamento del paziente, i Dpi vanno rimossi con attenzione secondo una sequenza indicata e ‘messi al sicuro’ in raccoglitori appositi. Previste poi misure particolari di ‘decontaminazione ambientale’, anche per le ambulanze eventualmente utilizzate per il trasporto dei pazienti.
Ovviamente, in presenza di una diagnosi di ebola, il paziente va trasferito nei centri di riferimento. Quanto alle modalità di trasmissione del virus, si sottolinea nella circolare ministeriale ‘Malattia da Virus Ebola (MVE) – Protocollo centrale per la gestione dei casi e dei contatti sul territorio nazionale’, ”le informazioni scientifiche disponibili evidenziano come il virus si trasmetta attraverso: il contatto diretto con sangue o altri liquidi biologici (saliva, feci, vomito, sperma), incluse le secrezioni salivari (droplets); il contatto indiretto con oggetti contaminati con sangue o altri liquidi biologici (ad esempio aghi). Non vi sono evidenze di trasmissione del virus per via aerea”.
Il ministero precisa inoltre che è a ‘basso rischio’ un ”contatto casuale con un paziente febbrile, autonomo, in grado di deambulare. Esempi: condividere una sala di attesa o un mezzo pubblico di trasporto; lavorare in una reception”. Sono invece ad ‘alto rischio’ un ”contatto faccia a faccia senza indossare appropriati dispositivi di protezione (inclusi quelli per la protezione oculare) con un caso probabile o confermato che presenti tosse, vomito, emorragia o diarrea; contatto sessuale non protetto con una persona precedentemente ammalata, fino a tre mesi dopo la guarigione; partecipazione a riti funerari con esposizione diretta alla salma nelle aree geografiche affette; contatto diretto con pipistrelli, roditori, primati, vivi o morti, nelle zone affette o con carne di animali selvatici”.
Fonte ANSA