Ma aveva già scelto il suo strumento, o il mandolino aveva scelto lui, all’età di due anni, dopo aver ascoltato dal vivo in una pizzeria John Moore, che poco dopo sarebbe diventato il suo mentore. Ottenne il primo strumento all’età di 5 anni, dono di un amico di famiglia. Da quel momento in avanti nulla lo avrebbe più fermato! Ai Nickel Creek hanno infatti fatto sèguito i Punch Brothers, eclettica band “dall’estetica Bluegrass”, come la descrive lo stesso Thile, e parallele collaborazioni: con musicisti d’eccezione come i mandolinisti “trans-Bluegrass” Mike Marshall e Mark O’Connor, il banjoista progressive Béla Fleck, il chitarrista e cantante Michael Daves.
Insieme al polistrumentista Stewart Duncan, al contrabbassista-virtuoso Edgar Meyer – con il quale suona spesso anche in duo – e al violoncellista-mostro sacro Yo-Yo Ma, Thile ha vinto nel 2013 il suo terzo Grammy Award per il Miglior Album Folk. Altri prestigiosi riconoscimenti ottenuti: due premi dell’IBMA (International Bluegrass Music Association) ed il MacArthur Genius Award, premio attribuito a personaggi attivi nei campi delle scienze, dell’arte e delle discipline umanistiche “che mostrino meriti eccezionali e una dedizione al lavoro all’insegna della creatività e con l’obiettivo dell’eccellenza”.
Armato del suo Gibson “Loar” del ’24 – lo Stradivari dei mandolini americani – e di una singolarissima voce, Chris Thile si esibirà con Brad Mehldau, classe 1970, originario della Florida, pianista jazz di estrazione classica tra i più raffinati ed originali della sua generazione. Inevitabili i confronti con altri giganti dello strumento. Primo, e probabilmente più impegnativo tra tutti, quello con Bill Evans con il quale, più che la visione musicale, Mehldau condivide una certa romantica “malinconia” di fondo, l’amore per la melodia, un tocco impeccabile di matrice classica ed il culto del trio come dialogo tra pari. Contrabbasso e batteria, infatti, non fungono più solo da supporto all’improvvisazione di un pianista-leader, ma hanno ruoli da comprimari.
Influenze importanti per Mehldau, probabilmente quanto quella dell’adorato Brahms, sono la musica Pop, il Rock (indipendente e non), il Folk tradizionale e moderno. Di questi generi non soltanto esplora i repertori ma incamera nel proprio linguaggio, in maniera del tutto personale, gli stilemi. Ciò è evidente, ad esempio, nel recente Mehliana: Taming the Dragon – in duo con l’originalissimo batterista Mark Guiliana – in cui, ormai libero da ogni pregiudizio, Mehldau si apre alle tastiere elettroniche. Il richiamo è alla tradizione jazzistica “elettrica” davisiana e post-davisiana ma anche a Rick Wright, tastierista dei Pink Floyd.
Tra le tante collaborazioni di Mehldau, meritano di essere ricordate quelle con personaggi della sfera del Jazz come Lee Konitz, Charlie Haden, Wayne Shorter, Michael Brecker, Joshua Redman, John Scofield, Pat Metheny, Larry Grenadier, Jorge Rossy, Jeff Ballard. A queste si associano le collaborazioni con artisti appartenenti ad altri generi musicali: Daniel Lanois, la mezzo-soprano Anne Sofie von Otter, la star della Country Music Willie Nelson, Scott Weiland (ex Stone Temple Pilots), Vinicius Cantuária, Allen Toussaint.
Il concerto del 31 ottobre di Chris Thile & Brad Mehldau diventa dunque la promessa – avallata da numerose registrazioni live presenti sul web – di una serata davvero speciale. Protagonista: una musica universale che trascende le barriere dei generi musicali, all’insegna di un’improvvisazione virtuosistica di rigore estremo eppure understated, mai fine a se stessa ma che ha senso soltanto nella misura in cui riesce a raggiungere l’essenza del brano. Una scelta estetica ben precisa, che si riflette perfino nell’apparentemente scarsa ma in realtà studiatissima attenzione al look, ultra-casual, post-urban, romantico nella sua eleganza trasandata, con cui i due artisti si presentano in scena. Il repertorio proposto attinge alle fonti più disparate, da Bob Dylan ai The Beatles o The Beach Boys fino a brani di autori pop più recenti (Nick Drake, Radiohead, Elliot Smith e Gillian Welch). Non mancano interessantissime composizioni proprie.
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