L’Assessore Nappi incontra i lavoratori campani licenziati da Poste Italiane

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Poste“Ieri ho ricevuto un gruppo di lavoratori delle Agenzie di recapito licenziati a seguito dell’ennesimo processo di spending review realizzato nell’ambito delle imprese pubbliche, come al solito, senza pensare che i benefici per il Paese non si ottengono guardando solo ai conti dell’azienda che in quel momento si dirige, ma al saldo totale dell’operazione, costi sociali compresi. Questi lavoratori sono stati messi in mobilità e le loro aziende sono fallite perché la tecnica dell’appalto e del subappalto per “ottimizzare” il servizio si realizza troppo spesso semplicemente “strozzando” sui costi e giocando sull’esclusiva e lo strapotere contrattuale (o accetti queste condizioni o chiudi). Poi, quando l’appalto scade, tutti a casa, ad ingrossare le file dei cassaintegrati prima e dei mobilitati poi. E avanti il prossimo imprenditore che magari riesce a risparmiare qualcosina sui conti assumendo giovani con contratti precari ecc.

E quelli di prima? A gravare sui conti pubblici sia in termini di sostegno al reddito (finché dura), sia in termini di servizi pubblici
(che non possono pagare più), sia infine in termini di riduzione dei consumi e quindi di impoverimento del Paese (perché chi perde il lavoro certo non va al ristorante).  E mentre tutto questo accade, c’è pure  qualche manager pubblico che fa carriera andando dicendo in giro (o magari sui giornali) di essere stato capace di riportare i conti in ordine nella “sua” azienda. Storie di ordinaria follia, le chiamerei io. Nel caso dei lavoratori che ho incontrato ieri c’è anche di più. Il processo di riorganizzazione messo in azione si sublima in una ulteriore misura. In questa occasione l’azienda di Stato interessata, Poste Italiane, ha fatto di più. Infatti, a seguito di proteste dei lavoratori – solo in Campania sono centinaia –ha offerto loro un posto di lavoro come portalettere, al Nord. Menomale, direte voi. E se c’è il disagio di cambiar vita e amici  bisogna pure abituarsi.

Il posto fisso per tutta la vita non c’è più e, in fondo, la mobilità è un concetto con il quale tutti ci dobbiamo abituare a convivere. Peccato però che il contratto di lavoro offerto è solo per pochi mesi. E’ un contratto a tempo determinato, a poco più di mille euro al mese. Perché, dice l’azienda – pubblica – e’ questa la politica aziendale. Ci andreste voi a vivere ad oltre mille chilometri da casa a 40/50 anni con moglie, figli e magari il mutuo da pagare, sapendo che non si puo’ neppure trasferire il resto della famiglia perché di li a pochi mesi sarà tutto finito? Io, che pure sono notoriamente uno che crede che il lavoro si accetta comunque, francamente no. E sono sicuro che quasi tutti farebbero lo stesso, semplicemente perche’ i conti in casa non tornerebbero.

Del resto, se l’azienda – pubblica – non avesse alternative, si potrebbe pensare che in fondo questo  e’ quello che i manager  -pubblici – sono in grado di offrire. E invece no, perché in Poste Italiane ai contratti a tempo determinato si succedono altri contratti a tempo determinato, con cadenza fissa e costante. Quindi, se per caso domani 30 ottobre qualcuno passerà a Roma davanti alla sede del Ministero dello Sviluppo Economico e vedrà delle persone stazionare, sappia che sono questi lavoratori, dolorosa réclame dell’ipocrisia fintoefficientista di questa Italia, che spaccia per qualità il pressapochismo gestionale e per modernità l’assenza di morale.” Lo dichiara Severino Nappi, assessore al Lavoro della Regione Campania

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