Il progetto, che è stato realizzato dall’archeologo Francesco Adamo, prevede l’installazione di cartelloni informativi nei punti più caratteristici della cava e la realizzazione di una piccola guida cartacea.
Alla Borsa mediterranea del turismo archeologico di scena in questi giorni a Paestum c’è uno spazio e un percorso fotografico su Campo dei rocchi all’interno dello stand del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, che quest’anno è dedicato ai siti archeologici nelle aree marine protette di Santa Maria e Punta Infreschi.
«Il nostro territorio è ricco attrattive archeologiche – spiega l’assessore alla cultura di Castellabate, Luisa Maiuri – al vasto pubblico sono noti il porto romano di San Marco, i resti di una villa greco-romana a Licosa, i numerosi ritrovamenti di anfore e ancore che provengono dal nostro mare, ma anche questa antichissima cava a cielo aperto tra Lago e Santa Maria rappresenta una straordinaria area archeologica. Proprio per questo come Amministrazione comunale intendiamo valorizzare e far conoscere meglio questo particolarissimo sito, che proprio di recente è stato oggetto di studi approfonditi. Si tratta di un vasto banco di roccia arenaria che si estende per circa due chilometri dal lato meridionale di Punta Tresino fino a metà del lungomare Bracale, in parte antistante alla costa e in parte sommerso».
Nell’area, che è denominata Campo dei rocchi, ci sono diverse tracce di origine antropica, in particolare numerosi cilindri di arenaria detti appunto rocchi, dal latino rotulus, ma anche i segni lasciati dalle attività estrattive sullo stesso banco di roccia. I Trezeni e gli Achei da qui probabilmente estrassero l’arenaria per il tempio di Poseidone a Tresino e quello di Hera II o Nettuno a Paestum, come hanno confermato le comparazioni dei materiali eseguite dagli archeologi. Anche i romani utilizzarono i blocchi ricavati da questa cava per realizzare complessi portuali e peschiere, come quelle posizionate alle spalle del porto di San Marco e attorno all’isolotto di Licosa.