Le strade erano molteplici: confermare la sentenza di primo grado che vedeva condannati soltanto i medici per omicidio colposo (tranne una, solo per falso); accogliere le richieste del pg di ribaltamento della sentenza, con la condanna di tutti gli imputati; accogliere le tesi difensive con le quali è stata sollecitata l’assoluzione di tutti gli imputati.
I giudici della I Corte d’assise d’appello sono entrati in camera di consiglio intorno alle 13 per scrivere la verità processuale sui sei medici, tre infermieri e tre agenti della penitenziaria imputati per la morte del ragazzo.
Un processo difficile quello che si è celebrato in Aula, un fascicolo enorme, contenente decine di consulenze, una maxi-perizia e le dichiarazioni di quasi 150 testimoni. Per la morte di Cucchi, erano alla sbarra 12 persone, a vario titolo e a seconda delle posizioni, accusati di abbandono di incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. Accuse gravi poiché per l’accusa Stefano Cucchi fu “pestato” nelle camere di sicurezza del tribunale capitolino, dove si trovava in attesa dell’udienza di convalida del suo arresto per droga. E in ospedale furono ignorate le sue richieste di avere farmaci e fu abbandonato e lasciato morire di fame e sete. In primo grado, i giudici arrivarono a una conclusione diversa da quella prospettata dalla pubblica accusa e furono condannati solamenti i medici. Per la III Corte d’assise, infatti, in sostanza Cucchi non fu picchiato nelle celle di sicurezza del tribunale, ma morì in ospedale per malnutrizione e l’attività dei medici fu segnata da trascuratezza e sciatteria.
Subito dopo, si era registrato il maxi-risarcimento alla famiglia da parte dell’ospedale; e, a fine settembre l’inizio di un processo d’appello che oggi è giunto alla sua conclusione. In questo secondo grado di giudizio, le novità non sono mancate. Una fra tutte: per il Pg il “pestaggio” ci fu, ma avvenne dopo e non prima l’udienza di convalida del suo arresto; e poi, tutti hanno avuto una responsabilità nella storia, e vanno condannati, anche coloro che sono stati assolti. E la difesa? Tutti a sollecitare l’assoluzione dei propri assistiti, con un di più: la richiesta di nullità della sentenza di primo grado che ha cambiato l’imputazione con la restituzione degli atti al pm per riformularla.
Oggi prima che le toghe presiedute da Mario Lucio D’Andria si ritirassero per decidere hanno fatto interventi di replica gli avvocati di tutte le parti in causa. Tra questi l’intevento dell’avvocato Fabio Anselmo rappresentante dei familiari della vittima. Il penalista ha chiesto che la Corte disponga la nullità della sentenza di primo grado e la restituzione degli atti all’ufficio del pubblico ministero, perché l’accusa da contestare deve essere modificata in omicidio preterintenzionale. Una situazione, questa, che è emersa nel corso dell’istruttoria dibattimentale. Durante il suo intervento l’avvocato Anselmo ha presentato alla Corte una serie di gigantografie ritraenti Stefano Cucchi per dimostrare quali fossero le condizioni del geometra. A parlare anche i due agenti di custodia Nicola Minichini e Antonio Domenici imputate insieme con il collega Corrado Santantonio (che oggi non era in aula) che hanno chiesto di poter fare spontanee dichiarazioni per respingere le accuse e ricordare ai giudici “la loro specchiata carriera al servizio della legge e dello Stato senza mai essere stati coinvolti in fatti negativi e le conseguenze negative che dal momento della morte di Cucchi hanno colpito loro e le loro famiglie, coinvolgendoli in una vicenda nella quale non hanno avuto alcun ruolo”. Parole alle quali ha reagito Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, che ha commentato così: “La verità’ la dicono le foto di mio fratello. E’ stato massacrato”.
Intanto, nella giornata di giovedì in Consiglio comunale è passata la mozione per dedicare una piazza o una via al ragazzo. Mentre la famigli di Stefano ha scritto al Campidoglio per proporre la donazione al Comune del casale in cui spesso si rifugiava il giovane: vorrebbero che diventasse un centro di recupero e lavoro per ex tossicodipendenti.