Solo dieci giorni fa – ha ribadito Bouchenaki – il direttore generale della Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura ha istituito una task force per l’Iraq e il traffico illecito di opere. E insieme al Comando dei Carabinieri per la Tutela del patrimonio culturale, che ha più di 40 anni di esperienza, alle autorità francesi e all’Interpol, stiamo cercando di lavorare per stringere il cerchio e capire chi immetta sul mercato questi beni, la loro provenienza e soprattutto a quali mercati siano diretti”.
Stando a quanto dichiara il Consigliere, insieme ai rapimenti a scopo di estorsione e alla vendita di petrolio, anche la vendita di beni archeologici trafugati dalla Siria e dall’Iraq figura tra le fonti di guadagno per i jihadisti dell’Isis: “Nessuna prova formale in grado di inchiodare gli estremisti dello Stato islamico ma il lavoro attuale della task force è individuare le filiere e capire dove finiscono i soldi”.
Siria, Libia, Iraq e Yemen sono i Paesi che creano maggiori preoccupazioni sia per la loro instabilità politica che accresce il mercato nero che per le minacce di terrorismo. Per giunta le piazze su cui vengono venduti questi reperti trafugati illegalmente si stanno allargando notevolmente: “Non soltanto Svizzera e Gran Bretagna. ‘Oggi nei Paesi del Golfo, in particolare gli Emirati con Abu Dhabi e Dubai – ha detto Bouchenaki – esistono compratori con grosse somme di danaro che purtroppo acquistano questi beni”.