Da diverso tempo i volontari di Salerno 1943 avevano individuato il punto dove cadde l’A-36 di Gossett e sono stati contattati da Joshua Frank, addetto per l’Italia del DPMO, l’ufficio del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti che si occupa di recuperare le spoglie dei soldati americani dispersi in guerra.
Joshua ha chiesto ai membri del sodalizio di fare il possibile per identificare la sepoltura di Gossett affinché i resti dello sfortunato aviatore possano essere restituiti ai familiari negli Stati Uniti. Gli associati, che hanno collaborato anche in altre occasioni con il DPMO divenendo il loro referente per il sud Italia, si sono prontamente messi all’opera verificando se sul punto dell’impatto fosse presente una sepoltura senza riuscire però ad individuare alcun manufatto. Evidentemente i primi civili ad arrivare sul posto, probabilmente nella primavera del 1944, trovarono solo i rottami del velivolo. Non rinvennero i resti dello sfortunato aviatore che verosimilmente erano stati dilaniati dagli animali del bosco durante l’inverno del 1943.
Questo ha reso la ricerca molto più complicata. Il presidente di Salerno 1943, Luigi Fortunato spiega: “Non è possibile mediante i metal detector di cui disponiamo ritrovare delle ossa. Quando abbiamo rinvenuto dei resti umani, così come è accaduto per i 4 militari (2 tedeschi e 2 inglesi) finora ritrovati sul campo di battaglia dell’operazione Avalanche, è stato possibile grazie al fatto che i soldati avevano con sé degli oggetti metallici come munizioni, buffetteria, etc. Stimolati anche dalle richieste di notizie pervenuteci dalla nipote del povero aviatore abbiamo quindi continuato ad esplorare la zona del crash facendo attenzione agli oggetti metallici che rinvenivamo. La nostra attenzione si è concentrata nella zona dove in precedenti occasioni avevamo rinvenuto elementi metallici del paracadute e dell’uniforme di volo. Ad un certo punto nei pressi di una fibbia metallica che serviva per sostenere l’imbragatura del paracadute sono apparsi dei piccoli frammenti d’osso e poi quella che sembra essere parte di una mandibola umana. Abbiamo perciò interrotto le ricerche, marcato il punto e informato le autorità militari. A tal proposito desidero esprimere tutto il nostro apprezzamento per la squisita disponibilità dimostrata dall’Arma dei Carabinieri nella persona del tenente colonnello Pasquale De Luca, del capitano Giuseppe Costa e del maresciallo capo Pasqualino Fisichella che hanno prontamente avviato le procedure del caso. Abbiamo anche avvisato Joshua Frank in quanto il DPMO è in contatto con la nipote di Gossett, grazie alla quale sarà possibile procedere con la comparazione del DNA. Non siamo dei medici ma le ossa rinvenute potrebbero essere umane e se le indagini lo dimostreranno appartengono di sicuro a Dewey in quanto erano fra i frammenti del velivolo in una zona impervia e di difficile accesso non frequentata abitualmente dalle persone.
In merito a questo voglio ringraziare di tutto cuore Aniello Sansone e Italo Cappetta della Protezione Civile di Acerno che ci hanno accompagnato sul posto. Senza il loro supporto logistico e la loro profonda conoscenza dei luoghi sarebbe stato impossibile arrivare sul crash-site che si trova a oltre 1400 metri d’altezza ed è circondato da burroni e crepacci. Anche i nostri volontari meritano una sentita lode per aver pazientemente e disinteressatamente collaborato alla ricerca. Un sentito grazie perciò a: Pietro Di Martino, Daniele Gioiello, Pierpaolo Irpino, Valerio Lai, Rosalino Margagnoni, Matteo Pierro e Matteo Ragone”.
Dewey L. Gossett, nacque il 28 febbraio del 1920 ad Arcadia nel South Carolina da William Cleveland e Sarah Hughes Gossett. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruolò nell’aviazione americana e in seguito venne assegnato all’86° Figther Group che combattè in Italia. L’11 settembre 1943 venne impiegato nell’attacco a Troina durante la campagna di Sicilia. L’aereo che pilotava era un A-36, soprannominato Apache o Invader, un bombardiere da picchiata, versione di attacco al suolo del P-51 Mustang ma molto più vulnerabile. Il suo velivolo fu colpito da un proiettile di antiaerea al piano di coda e Dewey dovette impegnarsi notevolmente per rientrare sano e salvo alla base. Una foto presa al suo rientro ritrae i danni subiti e venne usata per la stampa venendo intitolata “Take it and come back safely” (Colpito e ritornato sano e salvo). L’A-36 di Gossett non fu altrettanto fortunato il 27 settembre 1943. La sua squadriglia era decollata dall’aeroporto che gli americani avevano costruito alla foce del Sele nei giorni immediatamente successivi allo sbarco. Il compito di quel giorno era di fornire appoggio tattico alle truppe statunitensi che inseguivano i tedeschi in ritirata lungo le strade dell’Irpinia. Nei pressi di Acerno il capo formazione si rese conto di essere troppo vicino alle pareti rocciose del monte Accellica che erano parzialmente nascoste da nuvole basse e quindi ordinò ai suoi uomini di prendere quota. Usciti dalle nuvole si accorsero che mancava l’aereo di Dewey. Per diverso tempo sorvolarono la zona senza riuscire a scorgerne traccia. La pioggia che nel frattempo era cominciata a cadere copiosa rese impossibile ulteriori ricerche.
I volontari di Salerno 1943 sperano che la loro scoperta possa consentire alle autorità statunitensi di intervenire sul posto per recuperare gli altri resti dello sfortunato aviatore ancora presenti nel terreno onde permettere ai familiari di Gossett di avere finalmente una tomba con la quale ricordare il proprio caro.
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