Vi hanno lavorato 350 giovani operai, dei quali 80 provenienti dalla provincia di Salerno, i quali hanno svolto l’attività in assenza di qualsiasi attrezzatura di protezione, respirando migliaia di fibre di amianto.
Oggi, dopo 30 anni di incubazione, sono tutti ammalati, ma la normativa vigente non gli consente né di lavorare e tanto meno di andare in pensione.
Il processo dovrà chiarire le responsabilità degli Enti e delle Istituzioni, in particolare del ruolo delle Ferrovie dello Stato che dettero in concessione a privati l’attività di scoibentazione, e dovrà fare luce anche sul disastro ambientale in quanto, in questi ultimi 30 anni, non è stata ancora bonificata l’area in cui è ubicata l’Azienda nella quale sono sepolte tonnellate di amianto.
La popolazione che risiede nei pressi dell’Azienda conta già centinaia di ammalati, con patologie correlate alle nefaste conseguenze causate dalle fibre di amianto.
Torna d’attualità il libro-denuncia “Il Racconto Giusto. Storie di amianto e di operai all’Isochimica di Avellino”, di Anselmo Botte, edito dalla Casa Editrice Ediesse.