E’ successo con l’affluenza alle urne (un miserrimo 37,8%, in una terra sempre affezionatissima al voto), con il calo sostanzioso del centrosinistra e del Partito democratico, con l’affermazione travolgente della Lega Nord che cannibalizza Forza Italia, col calo del Movimento 5 Stelle che però non crolla e si attesta sul 13%. Il Pd non perde la Regione rossa per eccellenza e questo, dopo una campagna elettorale pesantemente segnata dall’inchiesta sui fondi ai gruppi regionali uscenti, è l’unico aspetto per il quale può festeggiare. Il partito di Renzi ha perso oltre l’8% e centinaia di migliaia di voti rispetto alle europee di appena sei mesi fa.
La coalizione di centrosinistra non ha sfondato la soglia psicologica del 50%, fermandosi al 48% (quando lo scrutinio era oltre metà) e peggiorando sensibilmente il risultato delle regionali di quattro anni fa. Stefano Bonaccini è arrivato dopo le due nella sede di viale Aldo Moro della Regione Emilia-Romagna che per i prossimi cinque anni sarà casa sua, nell’ufficio che per quindici anni è stato occupato da Vasco Errani. “Non si può essere soddisfatti di una partecipazione così bassa – ha detto il neopresidente – sapevamo che avremmo pagato sia l’inchiesta sia il fatto che un pezzo di Pd ha voluto mandare un segnale. Adesso bisogna aprire una nuova stagione, abbiamo cinque anni per dimostrare che faremo bene”.
Il fatto di non essere riusciti nella (inimmaginabile) impresa di strappare la Regione rossa per eccellenza al Pd è, invece, l’unica nota di rammarico per la Lega Nord. Un rammarico che, tuttavia, non può certo nascondere l’entusiasmo per un successo che Alan Fabbri, candidato alla presidenza, ha definito “epocale”. La Lega Nord sfonda il muro del 20%, doppia Forza Italia (che resta sottoil 10%) e consente ad un centrodestra in crisi d’identità di non essere sorpassato dal Movimento 5 Stelle. Una vittoria tutta di Matteo Salvini, che ha condotto una campagna elettorale da protagonista, alzando i toni e girando la regione senza sosta. Rivitalizzando una Lega che, per la prima volta, aveva il suo nome sul simbolo.
Nel centrodestra si riduce ulteriormente anche lo spazio del Ncd-Udc, che corre il rischio di restare sotto il 3% e, quindi, di non eleggere nemmeno un consigliere regionale. Il Movimento 5 Stelle perde terreno, ma non c’è quel crollo che in molti auspicavano dopo gli scontri che si sono consumati al suo interno in Emilia-Romagna: aumenta la propria pattuglia di consiglieri (i due eletti nel 2010 sono stati entrambi espulsi nel corso della legislatura) e si attesta ad un non entusiasmante 13% che lo rende però, stabilmente, il terzo partito della regione.
CALABRIA – Il dato non è ancora ufficiale, ma ci sono ormai pochi dubbi che Mario Oliverio, del centrosinistra, sia il nuovo presidente della Regione Calabria. La percentuale di voti che gli viene attribuita nel momento in cui sono state scrutinate 1809 sezioni su 2409 è il 61,5%, con una differenza rispetto a Wanda Ferro, del centrodestra, che è, al momento, al 23,7%, praticamente impossibile da colmare. Gli altri tre candidati, sempre secondo questo spoglio parziale, Nico D’Ascola, di Alternativa popolare, che vede insieme Ncd e Ud, Cono Cantelmi, del Movimento Cinque Stelle, e Domenico Gattuso, de L’Altra Calabria, che si richiama alla Lista Tsipras presentata alle ultime elezioni europee, sono, rispettivamente, all’8,7%, al 4,9 e all’1,4.
Quella di Oliverio, dunque, si sta profilando come un’affermazione netta, così come, peraltro, si era ipotizzato alla vigilia della consultazione, anche se non nei termini così marcati in cui si sta concretizzando. Uno dei dati significativi di questo risultato è che se anche il centrodestra – Forza Italia e Fratelli d’Italia-An, da una parte, e Ncd e Udc, dall’altra – si fosse presentato unito alle elezioni, non avrebbe avuto alcuna possibilità di vittoria, come qualcuno aveva ipotizzato recriminando sulla mancata coesione di quest’area politica, considerato il margine della vittoria di Oliverio. Il dato che fa più riflettere riguarda, piuttosto, il crollo dell’affluenza al voto.
I votanti sono stati il 44,10 degli aventi diritto, contro il 59,26% delle regionali del 2010, quando si votò in due giorni. Una situazione che conferma ancora una volta la disaffezione alla politica, della quale non ha beneficiato quanto avrebbe voluto neppure il partito “anti-sistema” per eccellenza, il Movimento 5 Stelle, che conquista comunque una rappresentanza nel Consiglio regionale. Oliverio, così come aveva già fatto nel corso della campagna elettorale, già nella sua prima dichiarazione del dopo voto è apparso consapevole della difficoltà del compito che gli si prospetta.
“Adesso dobbiamo ricostruire e rimettere in piedi la Calabria – ha detto l’ormai quasi certo Governatore – aprendo una fase nuova. E’ stato un risultato straordinario ed il consenso largo che i calabresi ci hanno tributato rappresenta un grande atto di fiducia. Siamo consapevoli della responsabilità che si carica su di noi. La situazione economica e sociale della Calabria è grave. La nostra regione è in ginocchio. La disoccupazione ha raggiunto livelli preoccupanti. Il reddito pro capite della Calabria è all’ultimo posto, con uno scarto notevole finanche rispetto alla penultima della graduatoria. La povertà si è allargata nell’ultimo anno di oltre il 30%, come ci ha ricordato la Svimez”. “Per rimettere in piedi la Calabria – ha detto ancora Oliverio – metteremo in atto la determinazione necessaria, con le riforme che la situazione richiede, a partire dall’utilizzazione delle risorse comunitarie per creare lavoro, sostenere le imprese e rilanciare l’economia. Ci metteremo subito al lavoro perché la Calabria non può attendere. E lo faremo a partire dall’incontro con il Presidente del Consiglio Matteo Renzi il 28 novembre in occasione della sua già programmata visita in Calabria”.
Ezio De Domenico (Ansa)