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De Luca: Scuola, Università, Ricerca e cultura ”fattori strategici di sviluppo”

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“Mai più ultimi significa avere finalmente chiaro – spiega Vincenzo De Luca – che istruzione e formazione non sono una spesa ma un investimento, e che scuola e cultura devono essere sostenute da un lungimirante impegno politico per un piano di investimento coraggioso e coerente con le sfide del nostro tempo. Propongo di investire su azioni che assumano la formazione a tutti i livelli come avamposto di legalità e presidio di democrazia, che assumano la cultura come fattore strategico di sviluppo”.

ECCO IL PROGRAMMA DI VINCENZO DE LUCA SU SCUOLA – UNIVERSITA’ – RICERCA

SCUOLA. In un paese come l’Italia in cui l’invecchiamento della popolazione rappresenta una serio problema, la Campania non può continuare a riservare alla sua popolazione di giovani cittadini, ancora cospicua, comportamenti caratterizzati da disinteresse o inefficienza, che nel campo delle politiche giovanili la pongono regolarmente agli ultimi posti in Italia e che sono destinati a indirizzare porzioni significative di questo patrimonio umano verso la marginalizzazione o l’emigrazione. “Mai più ultimi” significa, in prima istanza, avere finalmente chiaro che istruzione e formazione non sono una spesa ma un investimento; e che scuola e cultura debbono essere sostenute da un lungimirante impegno politico per un coraggioso piano di investimento, coerente con le sfide del nostro tempo.

Contro i luoghi comuni e le emergenze enfatizzate dai media noi vogliamo proporre un’idea di Mezzogiorno e di Regione Campania profondamente radicata nel Mediterraneo e in Europa, un “crocevia” culturale da attraversare per costruire identità plurali. Per questo proponiamo di investire su azioni che assumano la formazione a tutti i livelli come avamposto di legalità e presidio di democrazia, che assumano la cultura come fattore strategico di sviluppo. Sul piano delle cose da fare, cha da troppo tempo attendono risposte, occorre urgentemente:

Contrastare l’insuccesso scolastico e la dispersione

Nella Lettera a una professoressa Don Milani notava come il principale problema della scuola italiana fosse i ragazzi che perde. Il fallimento formativo di un giovane può determinarne il personale futuro ma anche produrre pericolose forme di esclusione sociale e comunque la perdita di un patrimonio umano essenziale per il futuro, che un paese civile non può tollerare. La massima dispersione scolastica in Italia è concentrata in Campania, Sicilia e Sardegna, così come in Campania si rileva un picco di giovani con troppo basso livello di scolarizzazione (22,2 %, 12,2 punti sopra l’obiettivo Ue). La correlazione tra mancata scolarità e povertà e tutte le questioni sociali che ne conseguono, tra cui disagio economico e fragilità socio-culturale, sono un’urgenza che richiede politiche sinergiche territoriali.

A tal fine individuiamo le seguenti azioni da sostenere a livello locale:

Programmare l’offerta formativa territoriale

Questa azione deve partire da una dimensionamento della rete scolasticarealmente al servizio dei cittadini, che abbia il coraggio di rimettere in discussione le scelte insensate e quelle non fatte fino ad oggi. Ciò significa lavorare con la logica del monitoraggio e dell’ascolto quotidiano dei territori tale da contrastare definitivamente quella pericolosa dell’emergenza e dei campanili.

Migliorare l’efficienza funzionale del sistema

Nella direzione della buona governance delle scuole è assolutamente necessariosostenere le istituzioni scolastiche nella gestione dei servizi amministrativi, o ridando valore e senso agli ormai scomparsi Centri di Servizi Amministrativi (ex Provveditorati e oggi Ambiti Territoriali) o sostenendo la creazione di reti di scuole per la gestione di alcuni specifici ambiti amministrativi a servizio della rete stessa. È necessario inoltre approntare politiche del lavoro, della formazione e dell’istruzione che individuino, col coinvolgimento degli stakeholder, obiettivi, strategie e priorità d’intervento e implementando la pratica della rendicontazione e del bilancio sociale.

Portare a sistema un efficace rapporto con il mondo del lavoro

Recuperare la dignità e l’efficienza di percorsi formativi di media durata indirizzati ad una concreta immissione nel mercato del lavoro e garantire comunque un contatto con il mondo del lavoro, consente non solo di rispondere in maniera più efficace alle rapidamente mutanti richieste di competenze della società, di offrire agli studenti un più ampio ventaglio di opzioni formative, ma soprattutto di trasmettere loro la percezione di un impegno formativo non inutile, non disancorato dalla concretezza del mondo che li circonda e che può offrire un futuro reale.

A tal fine individuiamo le seguenti azioni da sostenere a livello locale:

Edilizia scolastica

In una realtà regionale come quella della Campania, in cui la maggioranza dei plessi è stata realizzata prima degli anni ’70 e non è a norma di sicurezza, la quotidiana incolumità fisica degli alunni e dei lavoratori diventa una questione primaria. Ma è necessario sottolineare anche come, in un territorio come quello campano spesso segnato dall’abbandono, anche provvedere alla dignità degli edifici scolastici è un investimento sociale, non ultimo atto indirizzato a segnalare in concreto l’importanza che la comunità attribuisce alla scuola, alla formazione e alla cultura. Deve essere perciò una priorità garantire edifici scolastici sicuri, sostenibili, accoglienti e adeguati alle più recenti concezioni della didattica. E’ necessario intervenire affinché tutti i progetti finanziati dai Fondi Europei per le strutture, siano gestiti direttamente dagli Enti territoriali e non dalle scuole che, come accade ormai ovunque in Campania, sono costrette ad inventarsi competenze amministrative che non gli appartengono, con grave danno per il buon esito dei progetti e per il tempo sottratto alla vera destinazione di scopo delle azioni delle stesse scuole.

In una regione ancora caratterizzata da livelli di natalità non depressa occorre inoltre uno sforzo finanziario straordinario per aumentare l’offerta pubblica diasili nido, garantendo una copertura che si avvicini almeno alle migliori performance nazionali, da cui la Campania resta ancora lontanissima, collocandosi in ultima posizione per bambini in età 0-2 anni presi in carico dagli asili pubblici.

Università e ricerca

Sul sistema universitario campano, che pure continua a presentare eccellenze di valore, si riflette in misura rilevante la condizione generale di sofferenza dell’Università italiana: la situazione finanziaria è progressivamente divenuta sempre più critica per i tagli severi ai finanziamenti ordinari da cui dipende il funzionamento degli atenei, per la stagnazione dei fondi destinati alla ricerca, per l’instabilità finanziaria dovuta al moltiplicarsi dei provvedimenti, per il rallentato turn-over del personale.

Negli ultimi anni i provvedimenti normativi hanno incrementato progressivamente la quota di finanziamento pubblico determinata da criteri premiali, criteri il cui impianto, definito all’epoca del ministro Moratti – con vice-ministro Caldoro – è stato allineato ad una logica di valorizzazione delle Università del centro-nord.

Le Università italiane sono ormai poste in una condizione di sofferenza generale e di concorrenza reciproca, in cui decisivo può rivelarsi l’intervento degli enti territoriali, prima fra tutti la Regione, a sostegno del proprio sistema di alta formazione e di ricerca, in integrazione e surroga del carente impegno nazionale; ciò è tanto più importante per un sistema universitario, come quello della Campania, già penalizzato, oltre che dalla politica universitaria nazionale, dall’insistere in un territorio economicamente e socialmente problematico.

In questa situazione investire nell’istruzione universitaria e nella ricerca, realmente e non solo a parole, deve significare per la Regione abbandonare la politica di interventi spot, prevalentemente indirizzati ai segmenti finali del percorso universitario e di fatto consistenti nel trasferimento, più o meno efficiente, di risorse europee, ed impegnarsi a sostenere prima di tutto i costi di gestione ordinaria dei propri Atenei, in maniera sistematica, programmata e coerente con gli indicatori di valutazione nazionale, grazie a un flusso finanziario, che sulla traccia di quello che già fanno altre Regioni italiane, ponga le Università campane in una situazione di parità rispetto ad altre aree del paese.

Nei parametri di valutazione degli atenei sono elementi rilevanti le borse di studio erogate, le azioni di sostegno al diritto allo studio, e indirizzate a incrementare la mobilità internazionale. Tali interventi non sono solo significativi sul piano della valutazione, ma sono di vitale importanza in un territorio ampiamente svantaggiato come la Campania. Per allinearsi almeno al comportamento di altre Regioni, anche la Regione Campania deve programmare ed investire in proprio; non può limitarsi a trasferire alle Università l’ammontare della quota regionale delle tasse pagate dagli studenti o ancor peggio, come denunciato dall’UDU a proposito dell’utilizzazione di tali fondi da parte dell’amministrazione regionale attuale, sottrarre indebitamente risorse economiche destinate agli studenti.

Per l’efficace funzionamento di un ateneo di livello europeo, prima ancora che per la sua valutazione, è essenziale la presenza di strutture didattiche e di ricerca come anche di servizi e infrastrutture, interni (mense, residenze ecc.) e relativi al territorio (una funzionante rete di trasporti). Garantire tali servizi è tanto più importante quando, come è il caso della Campania, nella regione esiste un insieme di Atenei, che devono essere messi nella condizioni e spinti ad operare in rete. Dopo una stagione di significativa sensibilità a tali problematiche, che per alcuni atenei ha consentito la realizzazione di comprensori esemplari nel panorama italiano, l’Amministrazione regionale ha contratto i suoi impegni, sul piano, per esempio, dell’edilizia residenziale e dei trasporti.

Che la ricerca – non certo propria solo dell’Università, ma in Italia ancora primariamente incardinata nelle Università – sia investimento fondamentale per lo sviluppo è dato sostenuto, ripetuto e sottolineato in ogni occasione e a tutti i livelli. A questa affermazione non consegue sempre, né a livello nazionale né a quello locale, un coerente e adeguato impegno finanziario. Anche in questo campo la funzione dell’ente territoriale è primaria, e anche in questo caso lo è soprattutto ove gli enti di ricerca non possano contare sulla collaborazione e il sostegno di un tessuto industriale ed economico forte ed avanzato. Se vuole mettere il proprio sistema universitario e di ricerca in una condizione concorrenziale la Regione Campania deve investire, non limitandosi ad un mero – e non sempre efficace – trasferimento di fondi europei, e programmare, ragionando in autonomia e non al traino di vincoli e scelte nazionali ed europee, che possono non corrispondere alle specifiche esigenze del territorio campano, né alla valorizzazione delle specificità territoriali. Sono necessariinvestimenti e programmazione in cui la Regione sia strumento e stimolo per il consolidamento di una rete regionale di ricerca, che colleghi e metta in valore le potenzialità di tutti gli atenei e degli enti che operano nel territorio regionale.

L’ambito in cui gli la Regione è chiamata a svolgere la sua funzione primaria è ilcollegamento tra territorio, Università ed enti di ricerca, grazie al quale la ricchezza di conoscenze e di potenziale intellettuale da questi prodotta possa ricadere sul territorio, recependone le esigenze specifiche e facendosi traino del suo sviluppo culturale, sociale ed economico.

A tale fine la Regione deve mettere a punto funzionali sistemi conoscitivi della realtà regionale, che consentano alle Università di meglio dimensionare la propria offerta formativa, programmandola in rete. Su questo piano la Regione deve assumere un ruolo propositivo nell’ambito del Comitato Universitario Regionale, fornendo ad esso anche strumenti e risorse che rendano possibile una più efficace azione di razionalizzazione programmatica.

Ma soprattutto la Regione deve farsi tramite operativo tra le Università e il mondo industriale, dell’imprenditoria, e dei servizi (privati e pubblici) per generare, anche con opportuni finanziamenti, quelle sinergie che rendano operativa, sul piano economico e dell’occupazione, l’innovazione prodotta grazie alla ricerca.

Nel passato questa strada è stata percorsa dalla Regione Campania, per esempio con la costituzione dei Centri di competenza, che hanno messo insieme le migliori competenze delle strutture di ricerca della Regione per fornire servizi innovativi al mondo produttivo. Ma queste realtà sono state poi lasciate sole e questo percorso virtuoso rischia concretamente di interrompersi.

Quando poi, su richiesta del territorio e per mettere al suo servizio le competenze universitarie, si realizzano progetti impegnativi, soprattutto se in settori carenti e strategici, la Regione deve affiancare l’Università con efficienza amministrativa e riconoscimento di ruoli e responsabilità condivise e paritetiche. Anche su questo piano, in tempi recenti, l’Amministrazione regionale non si è dimostrata sensibile.

La Regione deve rendersi conto che non sostenere il sistema campano di alta formazione e di ricerca, entro una logica di razionale programmazione,significa porlo in una condizione sfavorita entro il quadro nazionale, contribuire al suo progressivo impoverimento, determinando la conseguente perdita di competenze strategiche per lo sviluppo del territorio da una parte, e dall’altra ildrenaggio di energie umane di alto profilo, studenti e personale ad avanzatissimo livello di formazione, verso altre aree, già attrattive perché economicamente più ricche, con un depauperamento irrecuperabile del patrimonio umano da cui dipende il futuro della Campania.

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