È quanto sostiene, in una nota, Franco Maccari, segretario generale del Sindacato indipendente di polizia Coisp, replicando al segretario nazionale del Prc Paolo Ferrero, nell’ambito della polemica sul conferimento dell’incarico per il corso di Sociologia dell’ambiente e del territorio all’Università Magna Grecia di Catanzaro a Francesco Saverio Caruso, ex deputato del Prc e in passato leader del movimento No Global.
“Manipolare la realtà e piegarla al proprio interesse finalizzato solo alla difesa di posizioni politiche affatto corredate anche solo da un pallido accenno di equilibrio – prosegue Maccari – è esattamente l’atteggiamento che noi abbiamo contestato a Caruso, proprio come adesso a Ferrero, e non perché lo abbiamo inventato, ma perché le sue dichiarate posizioni e convinzioni depongono con chiarezza in questo senso. Non è dell’ideologia politica di Caruso che si dibatte, ma degli argini entro i quali lui ritiene che possa spingersi l’attività tesa ad affermarla.
Tralasciando l’area politica di appartenenza di Caruso, ci limitiamo a chiedere: a lui stesso ed a chiunque altro sembrerebbe appropriato affidare l’istruzione di giovani in piena formazione a una qualsiasi persona che sia dichiaratamente estremista, magari di convinzioni politiche opposte a quelle dell’ex Parlamentare, ed abbia manifestato senza mezzi termini il proprio disprezzo e l’invito a contestare irriducibilmente lo Stato?
Su certe tematiche un Sindacato di Polizia ha davvero molto da dire. Non tanto e non solo perché leggi, regole, pacifica convivenza ed Istituzioni sono il faro che guida il nostro operato. Ma anche e soprattutto perché noi siamo proprio quelli che hanno toccato con mano le drammatiche degenerazioni di certe fanatiche prese di posizione. L’abbiamo toccato con mani rimaste tinte dal sangue di molti nostri colleghi caduti nello svolgimento di un dovere per il quale, di sicuro, un buon curriculum non basta”.
“Sono contento che il segretario del Coisp dica di non nutrire disprezzo per la Costituzione. È un fatto positivo”. Lo afferma in una nota il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, replicando al segretario del Coisp, Franco Maccari, circa la vicenda relativa alla cattedra di sociologia alll’ex no global Francesco Caruso. “Proprio per questo – aggiunge Ferrero – lo invito a rispettare la Costituzione e quindi anche le persone, con il loro diritto, sancito dalla Costituzione, a protestare contro le ingiustizie e per cambiare lo stato di cose presenti. Il Coisp dovrebbe quindi imparare a rispettare le persone, compreso Francesco Caruso, che è un cittadino italiano e che ha mostrato negli anni un altissimo senso civico battendosi per la giustizia e per la libertà: valori centrali per la nostra Costituzione”.
Cattedre ?.. Manganellate !!!!
Non dobbiamo stupirci + di nulla, Schettino, Caruso…tra non molto daremo una cattedra anche ad A. Maria Franzoni e all’assassina della povera Sara Scazzi…che paese!!
Certamente preferisco Caruso a uno Schettino….riguardo alle manganellate poi, penso che tu ti riferisca ad alemanno carminati etc etc….eh eh …!! Rassegnati.
i soliti commenti violenti e antidemocratici, vedo…
Naturalmente per prendere voti alti con lui bisogna essere in Sovrappeso, con la Barba, portare qualcosa di rosso e parlare sempre bene di Marx
dimenticavo di dire che Caruso è uno dei pochissimi partenopei comunisti, visto che in quella città prevalgono sentimenti nazionalistici/monarchici delle Due Sicilie e due Vajasse
Vedo che ti piace fare confusione, perchè è evidente che dalla confusione trai conseguenze comode e strumentali per te. Hai citato degli assassini….mi sfugge il collegamento con Caruso….però, visto che ami la confusione, vogliamo dire due paroline su Mangano…su Dell’Utri….?? Su Carminati??…su Zorzi?? ecco prendiamo Zorzi il giapponese….buona lettura, amici manganellatori !!!
Il pensionato bresciano Manlio Milani, 62 anni, ha sulle spalle undici ore di volo e otto di fuso orario ma non sembra per niente stanco. Delfo Zorzi, condannato all’ ergastolo per la strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969, sedici morti) e indagato per quella di Brescia (28 maggio 1974, otto morti) è davanti a lui. Un attimo fa, quando l’ udienza è finita, i poliziotti giapponesi erano distratti e Milani ha potuto avvicinarsi. Il miliardario Zorzi, gessato blu, camicia celeste, cravatta di seta grigia, lo guarda con una specie di sorriso. Dice Milani: «Dottore, rappresento i parenti delle vittime delle stragi». Tra i due c’ è un vetro antiproiettile alto due metri. «Come? Non sento». «Mi ascolti – ripete a voce più alta – non le rivolgo alcun’ accusa, non dico che lei è colpevole, non ho desideri di vendetta. Ma torni in Italia, accetti il processo. L’ Italia è un paese serio, i giudici sono seri, difendersi è anche suo interesse». Il cittadino giapponese Zorzi, per l’ anagrafe nipponica Roi Hagen (che in tedesco suona come «croce uncinata», svastica) adesso ha sentito. Ha un tono incongruo, come se si scusasse, e un’ aria affranta: l’ udienza gli è andata male. «No, guardi – risponde – quello che lei dice non sta in piedi. I giudici italiani sono inaffidabili». Solo più tardi Zorzi preciserà all’ Ansa: «Non ho mai affermato di non avere fiducia nella magistratura italiana, perché ho piena fiducia nei giudici». Arrivano i poliziotti. Ordinano di sgomberare. Dice Milani uscendo dall’ aula: «Strano, ho risentito il rumore della bomba». Ventotto anni fa, prima dell’ esplosione, aveva gridato: «Arrivo». C’ era tanta gente in piazza della Loggia. La moglie Livia, trentaduenne, era andata avanti di dieci metri. «Arrivo», dice Manlio. Livia risponde al saluto, sorride. Poi salta in aria, fatta a pezzi. Il pensionato venuto da Brescia ha rivisto tutto questo alle 17 di ieri, ora locale, dopo aver assistito per quasi sei ore a questo singolare processo dove Roi Hagen accusa un giornalista coraggioso, Pio D’ Emilia, corrispondente da Tokyo del “Manifesto”, e altri cinque colleghi nipponici: hanno leso la sua onorabilità che vale dieci milioni di euro. Già, questo è un processo per diffamazione a mezzo stampa. Ma per Roi Hagen è anche la prima volta in un’ aula di giustizia a parlare di sé, degli anni Sessanta, di Ordine Nuovo (che descrive come un circolo culturale) e in definitiva del tempo in cui era uno studente di lingue orientali a Napoli, ragionava con gli amici sull’ opportunità di creare una nuova razza, eurasiatica, incrociando gli ariani coi giapponesi, questo nella prospettiva di rigenerare il mondo, trafficava con le armi e ancora non sapeva che di lì a pochi anni si sarebbe trasferito in Giappone, si sarebbe enormemente arricchito importando le grandi firme della moda italiana, avrebbe sposato una cittadina del luogo, generando due piccoli eurasiatici (la figlia si chiama “Siegulfrida”. Nostalgie nibelungiche? «No, interesse per i miti nordici») che a quanto pare sono rimasti molto scossi per la pubblicazione, poco meno di due anni fa, di quegli articoli sul suo passato. «Tornavano a casa e mi dicevano che i compagni di scuola li chiamavano «nazisti». I miei dipendenti si sono tutti licenziati. Un danno enorme». E’ bello, solenne e anche teatrale il processo civile giapponese. Prima le opposte difese interrogano i loro assistiti, poi si scambiano i ruoli. In più oggi c’ è l’ interprete che D’ Emilia ha chiesto, benché col giapponese se la cavi piuttosto bene, per consentire ai molti italiani presenti, persino qualche turista, di capire. Invece Zorzi ne fa a meno. Questo, pare, per il consiglio tattico d’ uno dei suoi legali, Takano Takeshi, noto per aver difeso numerosi criminali di guerra suoi connazionali, che punta molto sulla “giapponesità” di Zorzi per tirarlo definitivamente fuori dei guai. La legge giapponese vieta in ogni caso, anche per i criminali latitanti, l’ estradizione del cittadino. E Zorzi, dal 1989, lo è. Però – ed è questo il suo punto debole – fino al 1997 ha conservato il passaporto italiano. Dunque, violando la legge nipponica, non ha rinunciato alla cittadinanza originaria contestualmente all’ acquisizione della nuova. In definitiva, come è stato scritto negli articoli “diffamatori”, è diventato Roi Hagen con la frode. Così, se il governo giapponese se ne accorgesse, Zorzi Delfo, nato il 3 luglio 1947 ad Arzignano (Vicenza) sarebbe espulso, e avrebbe a che fare con gli «inaffidabili» giudici italiani. Un rischio reale, che è stato evidente quando il querelante ha dovuto riconoscere di aver fatto una «bambinata» a tenere i due passaporti e anche a dimenticarsi, quando compilò la domanda per la cittadinanza, di menzionare i suoi precedenti penali. E’ molto probabile che ieri Delfo Zorzi abbia maledetto il giorno in cui presentò questa querela. La stampa giapponese è tornata a occuparsi di lui. E poi ha dovuto ancora una volta parlare dei suoi rapporti con Martino Siciliano, il pentito del processo per la strage che, in pochi mesi, tra aprile e giugno di quest’ anno, prima ha ritrattato le accuse, poi, incastrato da una serie di intercettazioni, ha «controritrattato» e ha spiegato quelle piroette con l’ offerta – fattagli da Zorzi tramite i suoi difensori – di 500.000 euro. E’ la vicenda che ha fatto finire l’ uomo di punta del suo collegio di difesa, Gaetano Pecorella, nel registro degli indagati. Un tentativo di frode processuale che Zorzi nega risolutamente. E che, se è vero quel che ha detto ieri, sarebbe stato del tutto inutile. Roi Hagen è infatti convinto che in appello la condanna a vita sarà annullata («Così accade in Italia nel 70 per cento dei casi. E’ già accaduto per quella strage a Freda, Ventura e Valpreda»). E poi, ha insinuato l’ avvocato Takeshi, il pentimento di Siciliano fu condizionato da un giudice istruttore, Guido Salvini. Il quale, sempre secondo il legale nipponico, avrebbe oltrepassato i confini della sua giurisdizione occupandosi – lui, giudice di Milano – dell’ inchiesta su Piazza Fontana che invece era finita a Catanzaro. Castroneria assoluta. Ma Takeshi l’ ha sostenuta fino in fondo come se, per un fenomeno di connessione giuridica planetaria, i pregiudizi sulla magistratura fossero volati dall’ Italia al Giappone. E con essi quelli sulla stampa, sempre «faziosa» quando dà le notizie. Zorzi ha definito l’ Espresso (che per primo, nel 1977, si occupò di lui) «foglio di estrema sinistra, covo di cronisti vicini alle Brigate rosse». Il processo riprende il 10 febbraio del 2003. E molto probabilmente Roi Hagen sarà presente: ieri, in un incontro coi giornalisti italiani, un funzionario del ministero degli Esteri nipponico ha chiarito che l’ estradizione è oggi tecnicamente impossibile. L’ unica strada è la revoca della cittadinanza seguita dall’ espulsione. Ma per questo ci vuole una pressione forte e convinta del governo italiano.
Il Signor Caruso, Insegna.
Insegna come si lanciano sassi alle macchine parcheggiate.
Lascio a voi le riflessioni.
l’unica riflessione è che sei piatto.
Ignorante Caruso e’ di Benevento,
eh poii Napoli e’ la citta’ piu’ rossa del Sud mai avuto un Sindaco di centro destra,
a Napoli ha avuto il primo Sindaco del Pci ,poi Nello Polese del Psi e Bassolino ex Pci De Magistris ex fgci napoletana,ma che sai tui cafone va a zappare a Giovi o raccogliere la munnezza nel centro storico
quando a Salerno la gente si vendeva per un posto da spazzino al DC e le mogli si vendevano ai pidocchi infarinati ex DC per fare delle pulziie a Napoli si votatava gia’ PCI , ma parliamo di Napoli citta’ medaglia d’oro anti fascista,della citta’ di Carlo Fermariello di La Capria, di Patroni Griffi politici ed intelletuali del Pci NAPOLETANO, a Salerno la gente svendeva ancora pe na mangiat i fav alla Dc
Meritocrazia in Italia.
x valenzi: la città Medaglia d’oro antifascista (forse nel ventennio era la medaglia d’oro per il fascismo) , poi è passata a Cirino Pomicino, Vito, Gava, Scotti ect…. ma vatti a chiudere!!!!! E non dimentichiamoci i VS concittadini Cosentino e Cesaro (presidente della provincia)…….. e sul fronte opposto Bassolino
Io sono Compagno, tu lavori e io “MAGNO”.
Povera Italia!!!!!!
Idixta cafone Cava di Castellamare ,Cesaro di Sant’antonio Abate ,Scotti di Nola,ma quale Napoli? sono cafoni come te,del resto tu sei il paese della Carafagna ,Conte,e di Martina Castellana