Ne esce un quadro molto chiaro nella sua drammaticità: l’euro ha fortemente avvantaggiato la Germania, aumentando il divario con l’Italia e le rigidità che ci sono state imposte dalla moneta unica ci hanno impedito la flessibilità necessaria a fare riforme importanti in un tempo di crisi. Veniamo ai numeri: il Pil pro-capite tedesco cresce a valore nominale del 29,5%, il nostro “solo” del 17,1%. Se prima dell’euro tra un cittadino di Roma e uno di Berlino c’era una differenza del 16%, oggi il gap è quasi di un terzo (il 28%). I governi guidati da Schroeder e Merkel hanno visto il deficit passare da una cifra di poco superiore al 3% (3,1%) a un surplus di bilancio dello 0,1. L’Italia, invece, nonostante gli sforzi, è passata dal 3,4% del 2001 al 2,80% del 2013 fino all’attuale 3,7%.
Contemporaneamente, rispetto al Pil, il nostro debito è passato dal 104,70 al 127,9% mentre il loro dal 57,5% si è fermato al 76,9%. Dove la moneta unica risulta determinata è però nel settore delle esportazioni. L’export tedesco ha visto salire il suo valore nominare dell’84,3% mentre quello italiano è cresciuto del 32,3%: significa che mentre prima della moneta unica l’export tedesco valeva il doppio di quello italiano, oggi vale quasi tre volte tanto (2,8 volte). Quanto alla disoccupazione, in Germania i senza lavoro sono scesi di 2,2 punti mentre la nostra disoccupazione ha fatto segnare un’impennata del 4,4%. Se prima dell’euro il tasso di disoccupazione italiano era del 20% più elevato di quello tedesco, oggi per ogni disoccupato in Germania ce ne sono addirittura tre nel Belpaese.
«Dall’adozione della moneta unica – osserva il presidente di “ImpresaLavoro” Massimo Blasoni – non c’è pertanto un solo indicatore economico che non sia peggiorato nel confronto con i tedeschi. Crescita, debito, bilancia commerciale. Senza inflazione che ridurrebbe il peso del debito e una valuta più debole in grado di aiutare, o quantomeno non penalizzare, le esportazioni delle nostre aziende anche le riforme di cui si parla da tempo rischiano di non bastare a rilanciare l’economia del nostro paese. Il semestre europeo si è concluso senza risultati apprezzabili e oggi l’euro appare sempre più come una gabbia e sempre meno come un’opportunità».
A livello politico i colpevoli di questo enorme ridimensionamento economico dell’Italia hanno due cognomi precisi: Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi, che tanto si affannarono a farci correre verso il disastro della moneta unica europea che alla fine ha fatto solo i precisi interessi della Germania……………grazie.
Poveri cristi.
Il buono è …il lestofante ventennale della politica italiana; ma … quello è imprenditore di successo … anzi evasore di successo.
Con l’Euro forte dovevate comprare invece di vendere ma vi siete giocati i soldi con le guerre inutili e i “surprime”.
L’Euro non c’entra.
Si dicono falsità immense, la Germania con la “rigidità” dell’euro ha fatto non una ma DUE stagioni di riforme pesanti in tutti i settori dello Stato, grazie alle quali oggi gode della prosperità che noi ci sogniamo.
Nello stesso periodo l’Italia era governata da buffoni, cialtroni e ladroni che andavano in giro a fare le corna in foto e a dire che non bisognava preoccuparsi di niente che i ristoranti erano pieni, e che allo stesso tempo facevano leggi per uccidere il lavoro e i redditi.
STRANAMENTE oggi siamo rovinati.
E’ assolutamente ridicolo sostenere che l’euro abbia ostacolato l’economia italiana (l’export italiano regge benissimo ed è oggi l’unica voce che va ancora a gonfie vele) o che impedisca le riforme (sono i parlamentari ciucci che avete votato che non fanno le riforme da trent’anni, non l’euro. Che c’entra l’euro con le riforme lo sapete solo voi). Non è stato l’euro ma la politica industriale assolutamente delirante degli italiani a far fuggire le imprese all’estero e a farle delocalizzare in Cina (in Germania è VIETATO delocalizzare, motivo per cui le loro aziende stranamente stanno ancora tutte in Germania).
Anzichè piagnucolare per i vostri fallimenti, mettiamoci di buzzo buono e facciamo come la Germania.