Nonostante Salerno non sia approdo imprescindibile per le direttrici di traffico dello shipping internazionale, l’efficienza di lavoratori e imprese portuali unitamente alle capacità strategiche e progettuali dell’Autorità Portuale, hanno reso e renderanno Salerno uno scalo capace di attrarre i maggiori global carrier dello shipping internazionale.
Lavorare su come sviluppare in maniera equilibrata la competitività delle imprese all’interno di un porto piccolo come quello di Salerno è cosa abbastanza complessa e proprio sulla convivenza e sulla prospettiva di incremento contemporaneo di tipologie merceologiche diverse tra loro che la comunità portuale salernitana lavora incessantemente e quotidianamente da alcuni decenni.
Ci vogliono spunti di qualità e concretezza per essere parte integrante di un processo del quale storicamente lavoratori, OO.SS. territoriali, istituzioni e imprese sono a vario titolo protagonisti. Sono queste le parti in causa che rendono lo scalo salernitano degno destinatario dei fondi europei che la Regione ancora non è riuscita a spendere.
La vitalità della comunità portuale salernitana, ovviamente, non la rende immune ne rispetto al problema della saturazione degli spazi ne rispetto alle scelte commerciali che ne possono conseguire.
Bisogna sbloccare i fondi, ma semplicemente perché ci sono dei progetti immediatamente cantierabili che mirano al potenziamento delle rete infrastrutturale tra l’autostrada ed il porto e che, con la realizzazione di nuove vie di accesso per l’area dello scalo commerciale e di opere strutturali che riguarderanno anche la zona del retro porto, rappresenteranno delle straordinarie occasioni per lo sviluppo futuro della portualità salernitana e, più in generale, per l’economia del nostro territorio.
E’ sulla qualità dei protagonisti che si gioca il destino dei Porti di Napoli e Salerno, non sulla propagandistica promozione di una mera aggregazione di enti. Non crediamo tra l’altro che la mancanza di una governance condivisa tra Napoli e Salerno sia dovuta al “provincialismo conservativo e miope che accomuna certi imprenditori e certi amministratori locali” ma più semplicemente ad una legge ( la n. 84 del 1994 ) che non lo prevede e che non ha impedito ad alcuni porti italiani di svilupparsi generando ricchezza per i rispettivi territori.
Non possiamo consentire, che il disegno di accorpare alcune Autorità Portuali istituite con la Legge 84/94 abbia centralità rispetto a quei fattori che rappresentano un vero e proprio valore aggiunto a sostegno dello sviluppo dei porti. Tra questi, come più volte evidenziato dalla Filt-Cgil, la velocizzazione delle procedure per la realizzazione degli adeguamenti infrastutturali e per lo sdoganamento delle merci e l’effettiva realizzazione di un regime di autonomia finanziaria delle autorità portuali.
In questa direzione volge il disciplinare di servizio siglato ieri da Capitaneria di Porto e Agenzia delle Dogane di Salerno grazie al quale gli operatori portuali potranno usufruire della procedura di sdoganamento in mare preclearing che potrà consentire di sveltire il trasferimento delle merci in importazione, garantendo al Porto di Salerno la possibilità di recuperare quote di mercato oggi collocate altrove, sia grazie alla velocizzazione del servizio di consegna delle merci, sia grazie alle ricadute positive sull’economia delle aree di stoccaggio.
Sono questi i temi sui quali la Filt-Cgil intende sviluppare il confronto sulla portualità, c’è bisogno di promuovere azioni che diano concretezza allo sviluppo dei porti, pur senza rifiutare l’idea di un sistema integrato e coordinato a livello regionale e nazionale che non sia penalizzante per le singole autonomie ed identità.