In primis Fabiani che a Salerno esonerò Agostinelli capolista per far traghettare la Salernitana di Di Napoli in B da Brini. Ironia della sorte lo stesso Brini ora attuale trainer del Benevento battistrada del girone.
In quella Salernitana di Lombardi, simile a questa per il non gioco dove re Artu era il Calil della situazione fatale fu la batosta di Taranto (4-2). A fine primo tempo di quella sciagurata partita Fabiani telefonò a Brini per sapere la sua disponibilità. A fine gara il ben servito ad Agostinelli. Ieri a Salerno si è riproposta la stessa cosa. Fabiani aveva già pronta la carta Dionigi, ma Lotito non se l’è sentita. Troppa la stima per un allenatore comunque aziendalista, proprio come piace al patron laziale.
Ma dove terminano le colpe di Menichini e iniziano quelle della squadra e, anche, della società? L’attuale allenatore ha plasmato un gruppo che non ha visto nascere e, nonostante queste difficoltà iniziali, è riuscito a raccogliere 48 punti, solo due in meno della capolista Benevento, dovendo far fronte a una vera e propria maledizione che si è scagliata contro i granata quest’anno. Quella degli infortuni, che con l’uscita di Bovo al 40’ del primo tempo della sfida alla Vigor Lamezia fanno quota ventinove in stagione. Menichini ha sempre fatto di necessità virtù e ha espressamente detto alla dirigenza che senza centravanti è difficile giocare, preferendo trincerarsi dietro un “no comment sul mercato”, invece, dinanzi ai microfoni dei cronisti. Domenica contro l’Ischia sarà obbligatorio fare risultato, ma dimostrare anche gioco e vivacità di manovra. Per sapere se Menichini potrà giocarsi il derby con gli isolani con qualche carta in più, bisognerà attendere gli ultimi, infuocati, secondi del mercato che si chiuderà lunedi sera.