Questo il documento distribuito nel corso dei lavori.
- CENNI STORICI
La figura giuridica degli “usi civici” nascein epoca alto medioevale e ha visto una sua organica regolamentazione ai primi del Novecento, quando nacque l’esigenza di consentire ad alcuni soggetti privati di usufruire in piena proprietà di beni spesso demaniali e che erano per l’appunto gravati da tali oneri. Discende da una tipologia di diritti tendente a garantire la sopravvivenza o il benessere di una specifica popolazione, sfruttando in modo produttivo aree circoscritte, in tempi in cui il feudatario (su mandato dell’imperatore, re o papa) possedeva non solo le terre, ma anche uomini, cose e animali. L’uso civico nasce come diritto feudale, caratterizzato dall’utilizzo che una determinata collettività locale può fare di determinate aree e si inquadra nell’ottica di un’economia di sussistenza: con l’uso civico di legnatico, ad esempio, i membri di una determinata comunità godevano del diritto di raccogliere legna in un particolare bosco, considerato proprietà collettiva. Con quello di pascolatico era previsto il pascolo delle greggi e delle mandrie. In modo analogo funzionavano gli altri usi civici di fungatico (per la raccolta dei funghi) ed erbatico (che permetteva agli allevatori di una determinata collettività di portare al pascolo i propri animali in una determinata zona).
In Italia la mancanza di una disciplina organica in materia indirizzò il legislatore nel 1927 a decretare che tutti gli usi civici esistenti in quel momento avrebbero dovuto essere rivendicati e regolarizzati, dando la possibilità ai soggetti di affrancarli e quindi di trasformare il possesso delle terre di demanio civico o la proprietà gravata da uso civico in piena proprietà assoluta ed esclusiva, istituendo un apposito magistrato, il commissariato agli usi civici, con lo scopo principale di liquidare tali usi, nonché col potere di regolare amministrativamente gli usi non liquidati (interessanti terre comunali, frazionali o di altri enti, ovvero su superfici acquee). La titolarità dei diritti di uso civico spetta alla popolazione ma anche ai comuni e alle associazioni agrarie.
- DISCIPLINA NORMATIVA
Il corpus legislativo di riferimento è costituito, principalmente:
- dalle precedenti leggi di eversione della feudalità (Legge 01/09/1806, RD 08/06/1807, RD 03/12/1808, Legge 12/12/1816, RD 06/12/1852, RD 03/07/1861, Ministeriale 19/09/1861 ed altre) , da cui discesero i cosiddetti terreni “quotizzati”;
- dalla successiva Legge dello Stato 16/06/1927, n. 1766 e dal relativo Regolamento di attuazione RD 26/02/1928, n. 332, da cui discesero i cosiddetti terreni “legittimati”;
- da successive norme – sia nazionali che regionali – in materia di usi civici.
Una normativa risalente al Regio Decreto 332/1928 dispone l’obbligo per i Comuni di emanare un regolamento per l’esercizio degli usi civici (tale regolamentazione deve essere adeguata alla L.R. 11/1981)
Una sentenza del 2006 della Corte dei Conti – Sezione regionale di Controllo per la Campania sottolinea i seguenti aspetti:
– i Comuni devono agire per la riscossione dei canoni trattandosi di terreni pubblici, le inadempienze determinano infatti danno erariale. Non è possibile rivendicare l’istituto della usucapione;
– l’enfiteusi, che prevede l’affidamento a un privato di un suolo a scopi agricoli e il relativo miglioramento, non è a titolo gratuito;
– i Comuni sono quindi invitati alla verifica dei terreni in enfiteusi e alla relativa riscossione dei canoni
– i Comuni sono infine invitati a stabilire la sussistenza dei criteri di alienazione.
Mediante “l’affranco” viene riconosciuta la possibilità di acquisire la proprietà del terreno mediante il pagamento di 15 annualità di canone.
- I RISULTATI DEL LAVORO CONGIUNTO TRA REGIONE CAMPANIA, ANCI CAMPANIA E ORGANIZZAZIONI PROFESSIONALI AGRICOLE
Verificate le problematiche che quasi tutti i Comuni della Regione Campania hanno riscontrato nell’interpretazione di tali procedure si è istituito a maggio 2014 un tavolo tecnico tra Anci Campania, Regione Campania, Coldiretti, Confagricoltura e Cia.
È stato anzitutto appurato che la stragrande maggioranza dei Comuni non è a conoscenza dell’esistenza stessa della normativa né che sul proprio territorio esistano o meno terreni gravati da “uso civico”. I Comuni possono verificare la sussistenza di tali condizioni attraverso il commissariato degli usi civici.
Per poter riscuotere i canoni o “l’affranco” i Comuni sono obbligati a redigere ed approvare uno specifico regolamento comunale. Solo successivamente i Comuni possono richiedere agli occupanti i canoni pregressi (fino a 5 annualità pregresse) o riservare agli stessi la possibilità di procedere all’affranco.
Dopo diversi incontri tecnici si è proceduto a stilare un regolamento – tipo condiviso dai vari rappresentanti e finalizzato a fornire ai Comuni le linee guida per una regolamentazione omogenea in materia di usi civici.
Questi in sintesi i punti principali delle linee guida:
– Quantizzazione del canone: le linee guida elaborate a seguito dei tavoli di confronto stabiliscono che il canone non può rispondere meramente a criteri di mercato bensì debba tenere presente diversi fattori tra cui l’impegno dei coltivatori al miglioramento dei suoli ma anche l’obbligo, stabilito per legge, dei Comuni alla riscossione dei canoni;
– I canoni presentano elementi riduttivi che arrivano a quasi il 50% in meno di quello che sarebbe il valore fondiario medio.
Dal tavolo è emersa anche la proposta di apportare modifiche della Legge Regionale sugli usi civici. Gli elementi di discussione hanno infatti riguardato terreni “legittimati” ai sensi della Legge Nazionale del 1927 (tali suoli hanno seguito uno specifico iter di identificazione da parte di un commissario e su di essi sono stati pagati i relativi diritti). In caso contrario, molti terreni gravati da uso civico sono occupati abusivamente ed è soprattutto per questa categoria di soggetti che risulta determinante una specifica e nuova regolamentazione normativa attraverso una modifica della L.R. 11/81.