Senza dubbio un paese libero, le cui funzioni sono determinate da un atto costituente, quale può essere la stessa Costituzione e le leggi che ne discendono, non può prescindere, quando un conflitto bellico lo pone a repentaglio, mettere in campo la fermezza del principio della libertà quale primo fondamentale ed essenziale baluardo per l’avvio di una condizione di esistenza in vita quale stato e società civile.
Oggi, questa condizione, è possibile perché il nostro paese ha avuto un 25 aprile e, con esso, un atto di orgoglio determinato e forte che lo ha portato a onorare i valori della libertà e a ribellarsi alla crudeltà della prevaricazione verso gli altri popoli e il proprio.
Questo è l’orgoglio di cui ogni cittadino Italiano deve avere fierezza; per quanto i movimenti partigiani ebbero il coraggio di mettere in campo, di fronte a un avversario bene armato e con la spinta di un crudele, quanto insensato e fanatico obiettivo.
Un paese libero e con valori Costituzionali, come il nostro, nati dalla liberazione, pone quale suo primato assoluto e come legame indissolubile, tra gli strati sociali che lo compongono, il valore del lavoro che riceve la sua consacrazione mondiale nella giornata del 1° maggio e rispetto al quale, con rammarico profondo e con la convinzione di dover sollecitare un cambiamento di spinta, si pone l’osservazione che nella nostra Città l’occupazione giovanile è ai minimi storici per responsabilità di una politica che guarda alla conservazione di se stessa piuttosto che a innovare e creare nuove condizioni e opportunità di lavoro.
La pessima gestione dei fondi europei, spessa connotata di distrazioni inammissibili, sottrae opportunità e occasioni di lavoro. La farraginosità e le contraddizioni burocratiche generatrici di “mostri” amministrativi, allontanano sempre di più i giovani dalla ricerca del lavoro. Le banche chiedono garanzie che le normative occupazionali, in sostanza, non sono in grado di garantire.
Riteniamo che il legame tra il 25 aprile e il 1° maggio si ripropone in una forma fatta di connotati diversi ma con la riconferma di obiettivi immutabili. Liberare il paese dalle pastoie e dai cappi burocratici, che una politica dei politicanti ha connotato di pesantezze strumentali; solo in questo modo si potrà accedere a un primo maggio che abbia di nuovo come tema il lavoro, piuttosto che la disoccupazione e le problematiche per ottenerlo. La modernità di un paese è data dalla dinamica con cui riesce a creare le condizioni di lavoro e con esse sviluppo e nuove condizioni sociali di avanzamento.
Assistiamo invece, nel pubblico impiego, da anni al blocco del turnover e a ritocchi, con riforme in peggio delle pensioni, tanto da arrivare ad appesantire gli apparati pubblici con classi di lavoratori mal retribuiti e insoddisfatti e con prospettive di arretramento sempre più concrete.
L’esatta antitesi di come dovrebbe essere un paese che guarda alla modernità e allo sviluppo.
La CGIL/FP, non abbasserà la guardia e continuerà il suo impegno a determinare le condizioni di un cambiamento che pongano sempre di più e maggiore attenzione all’osmosi tra le date del 25 aprile, come liberazione verso la modernità e il 1° maggio come celebrazione e l’affermazione del valore autentico del lavoro, centralità di un paese moderno e socialmente giusto.
Lo scrive in una nota Angelo De Angelis Segretario Generale Cgil Funzione Pubblica