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Tar respinge ricorso M5S sull’incandidabilità di Vincenzo De Luca

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 Il Tar della Campania ha respinto il ricorso del Movimento Cinque Stelle sulla  incandidabilità di Vincenzo De Luca alla carica di presidente della Regione. Il ricorso – scrive l’Ansa – presentato sulla base della legge Severino in riferimento a una condanna per abuso d’ufficio inflitta a De Luca in primo grado, è stato dichiarato infondato dal collegio composto dal presidente Gabriele Nunziata e dai consiglieri Francesco Guarracino e Brunella Bruno. 

L’udienza – come si apprende dal Corriere del Mezzogiorno – si era conclusa intorno alle 16 dopo una discussione aperta su un esposto presentato da cinque deputati ed eurodeputati del Movimento 5 Stelle e dalla capolista alle Regionali, Valeria Ciarambino. I grillini ora ricorreranno al Consiglio di Stato.

Subito le prime reazioni alla sentenza sono di Domenico De Siano di Forza Italia che oltre un comunicato allega agli organi di dtampa il testo della sentenza. “Il dispositivo della sentenza del Tar conferma che De Luca è candidabile ma ineleggibile. Se dovesse essere eletto sarebbe subito sospeso (punto 2.5 della sentenza). Una sentenza durissima che mi auguro non venga strumentalizzata dal candidato Vincenzo De Luca”. Cosi in una nota il senatore di Forza Italia, Domenico De Siano. 

“Il TAR su De Luca? È candidabile ma non eleggibile. Basta leggere il dispostivo per avere certezza di questo assunto”: così l’on.Paolo Russo, parlamentare di Forza Italia, sulla decisine con la quale il Tar della Campania ha rigettato un ricorso presentato dal Movimento Cinque Stelle contro il candidato del centrosinistra, Vincenzo De Luca.

Ecco il testo della sentenza

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2315 del 2015, integrato da
motivi aggiunti, proposto da:
Ciarambino Valeria, Adinolfi Isabella, Cioffi Andrea, Giordano
Silvia, Pisano Girolamo, Tofalo Angelo, tutti rappresentati e difesi,
congiuntamente e diusgiuntamente , dagli avv.ti Stefania Marchese
ed Oreste Agosto, con i quali elettivamente domiciliano eletto presso
lo studio dell’avv. Enrico Bonelli in Napoli, Via G. Melisurgo n. 23;
contro
Prefettura di Napoli, Ufficio Centrale Regionale costituito presso la
Corte di Appello di Napoli, in persona dei legali rappresentanti in
carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato
di Napoli, presso i cui uffici per legge domiciliano in Napoli, via A.
Diaz n. 11;
nei confronti di

N. 02315/2015 REG.RIC.
– De Luca Vincenzo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo
Lentini, Fulvio Bonavitacola ed Antonio Brancaccio, con i quali
elettivamente domicilia presso lo studio dell’avv. Giuseppe Russo in
Napoli, Via Cesario Console, n. 3;
– Mastursi Carmelo, rappresentato e difeso dall’avv. Italo Rocco, con
il quale elettivamente domicilia presso lo studio dell’avv. Giuseppe
Russo in Napoli, Via Cesario Console, n. 3;
e con l’intervento di
ad opponendum:
– Caramanno Angelo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Pasquale
D’Angiolillo ed Alberto La Gloria, con i quali elettivamente domicilia
presso lo studio dell’avv. Bartolo Giuseppe Senatore in Napoli, via
Toledo n. 205;
– Scalella Mariarosaria, Lange Consiglio Salvatore, rappresentati e
difesi dall’avv. Giuseppe Russo, presso il quale elettivamente
domiciliano in Napoli, Via Cesario Console, n. 3;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo: a) del provvedimento dell’Ufficio
Centrale Regionale costituito presso la Corte di Appello di Napoli, di
mancata verifica e mancato accertamento della sussistenza della
condizione di sospensione di diritto a ricoprire le cariche pubbliche e
della conseguente incandidabilità del dott. Vincenzo De Luca alla
carica di Presidente della Giunta Regionale della Regione Campania,
provvedimento non conosciuto; b) del provvedimento di
ammissione alla candidatura di Presidente della regione Campania del
dott. Vincenzo De Luca, del maggio 2015, non conosciuto; c)
dell’attività istruttoria e di verifica dell’ Ufficio Centrale Regionale
costituito presso la Corte d’Appello di Napoli, non conosciuta; d) di
N. 02315/2015 REG.RIC.
tutti gli altri atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali;
nonché per l’accertamento della preesistenza del provvedimento di
sospensione di diritto ex d.lgs n. 235/2012 a carico del dott.
Vincenzo De Luca e della conseguente mancanza dei requisiti
soggettivi politici di elettorato passivo per la candidabilità alla carica
di Presidente della giunta regionale della Campania;
quanto ai motivi aggiunti: a) del verbale di verifica dell’UCR presso la
Corte di Appello di Napoli della candidatura alla carica di Presidente
della giunta regionale della Campania; di Vincenzo De Luca,
trasmessa dalla cancelleria della Corte con nota n. 5 del 2.5.2015; b)
della dichiarazione di presentazione della candidatura alla carica di
Presidente della Giunta regionale della Campania del 2.5.2015, come
presentata dai sig.ri Carmelo Mastursi e Vincenzo Luciano e da
questi sottoscritta ed autenticata in pari data; c) della dichiarazione di
accettazione della candidatura alla carica di Presidente della Giunta
regionale della Campania, proveniente da Vincenzo De Luca e
autenticata in data 29.4.2015; d) della dichiarazione di presentazione
della candidatura alla carica di Presidente della Giunta regionale della
Campania per l’elezione del Presidente, presentata alla cancelleria
dell’UCR presso la Corte di Appello di Napoli del 2.5.2015; e) della
comunicazione del Segretario dell’UCR presso la Corte di Appello di
Napoli del 3.5.2015, con la quale è stata comunicata l’ammissione
alla candidatura alla carica di Presidente della Giunta regionale della
Campania di Vincenzo De Luca; f) di tutti gli atti presupposti,
connessi, collegati e consequenziali.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
N. 02315/2015 REG.RIC.
Visti gli atti di costituzione in giudiziodell’Ufficio Centrale Regionale
presso la Corte di Appello di Napoli, della Prefettura di Napoli, di
Vincenzo De Luca e di Carmelo Mastursi;
Visti gli atti di intervento ad opponendum di Caramanno Angelo,
Scalella Mariarosaria e Lange Consiglio Salvatore;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella udienza pubblica elettorale del giorno 8 maggio 2015 il
dott. Francesco Guarracino e uditi per le parti i difensori presenti
come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in esame la sig.ra Valeria Ciarambino, in qualità di
candidata alla carica di Presidente della Giunta Regionale della
Regione Campania per la tornata elettorale del 31 maggio 2015 per la
lista Movimento Cinque Stelle, nonché i sigg. Isabella Adinolfi,
Andrea Cioffi, Silvia Giordano e Angelo Tofano, nella qualità di
cittadini elettori della Regione Campania, hanno impugnato gli atti in
epigrafe per contestare la legittimità dell’ammissione della
candidatura del dott. Vincenzo De Luca a Presidente della Regione
Campania per la lista Partito Democratico.
Il ricorso è stato successivamente integrato a mezzo di motivi
aggiunti.
Si è costituito in giudizio il dott. Vincenzo De Luca, che ha eccepito
in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, in ragione del fatto
che l’art. 129 c.p.a. circoscrive l’immediata impugnabilità degli atti del
procedimento elettorale preparatorio ai soli atti immediatamente
N. 02315/2015 REG.RIC.
lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento
elettorale e ha quindi argomentato, nel merito, l’infondatezza del
gravame, concludendo per il suo rigetto con condanna dei ricorrenti
per lite temeraria ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a.
Si è altresì costituito in giudizio il sig. Carmelo Mastursi, con atto di
forma.
Hanno proposto atto di intervento ad opponendum la sig.ra
Mariarosaria Scalella e il sig. Salvatore Lange Consiglio, nella
rispettiva qualità di candidata capolista nella provincia di Napoli della
lista Partito Democratico e di presentatore della medesima lista,
nonché di cittadini elettori, deducendo l’inammissibilità del ricorso
per mancata notifica alla Regione Campania e al Consiglio Regionale
della Campania e per le stesse ragioni fatte valere dal
comntrointeressato e argomentando, nel merito, per la sua
infondatezza.
Ha altresì proposto atto di intervento ad opponendum l’avv. Angelo
Caramanno, nella duplice qualità di presentatore e delegato ex art. 9
legge n. 108/1968 della lista Partito Democratico per la
circoscrizione elettorale provinciale di Salerno, deducendo anch’egli
l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 129 c.p.a. e, nel merito, la
sua infondatezza.
Alla pubblica udienza straordinaria dell’8 maggio 2015 si sono
costituiti in giudizio la Prefettura di Napoli e l’Ufficio Centrale
Regionale presso la Corte di Appello di Napoli e, dopo ampia
discussione nel corso della quale la difesa del controinteressato e
quella degli interventori Scalella e Lange Consiglio hanno dichiarato
di non accettare il contraddittorio sui motivi aggiunti siccome
N. 02315/2015 REG.RIC.
proposti oltre il termine di legge dalla pubblicazione del
provvedimento impugnato, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Si può prescindere dall’esame delle questioni preliminari dedotte
dalle parti resistenti, poiché il ricorso è manifestamente infondato
(cfr. art. 129, comma 6, c.p.a. in relazione all’art. 74 c.p.a.).
2.1 – Il ricorso introduttivo è affidato a due motivi di censura, con
cui i ricorrenti deducono, essenzialmente, che la candidatura del dott.
Vincenzo De Luca a Presidente della Regione Campania sarebbe
illegittima per difetto dei requisiti soggettivi e politici di elettorato
passivo.
2.2 – Con un primo motivo di censura, espongono che il dott. De
Luca ha subito una condanna non definitiva per il delitto di cui
all’art. 323 c.p. e che il Prefetto di Salerno ne ha accertato, di
conseguenza, la sospensione di diritto dalla carica di Sindaco del
Comune di Salerno, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 31 dicembre 2012,
n. 235, con decreto n. 6940 del 23 gennaio 2015, impugnato davanti
alla sezione staccata di Salerno di questo Tribunale Amministrativo
Regionale ma allo stato, secondo la prospettazione dei ricorrenti,
pienamente efficace.
Il provvedimento prefettizio, a loro dire, inciderebbe negativamente
sui requisiti di elettorato passivo del dott. De Luca, assumendo
portata di vera e propria condizione ostativa alla sua candidabilità,
giacché, secondo la tesi prospettata nel ricorso, la causa di
sospensione di diritto dalle cariche negli enti locali prevista dall’art.
11 cit., non essendo rimuovibile ad opera e per volontà
dell’interessato, non sostanzierebbe una causa d’ineleggibilità, ma di
incandidabilità: il dott. De Luca, non potendo ricoprire la carica di
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Presidente della Regione, in quanto già sospeso di diritto per una
condanna non definitiva indicata nella lettera c) dell’art. 7, comma 1,
del d.lgs, n. 235/2012, tanto meno potrebbe essere candidabile.
In tal senso i ricorrenti, che traggono spunto ricostruttivo anche dalla
disciplina degli adempimenti previsti a carico della cancelleria del
Tribunale nel caso di provvedimenti giudiziari che comportino la
sospensione di diritto dalle cariche, sostengono che l’art. 7 del d.lgs
cit. sarebbe chiaro nel prevedere al primo comma che non possono
essere candidati alle elezioni regionali e non possono comunque
ricoprire le cariche coloro che ricadano nelle ipotesi di sospensione
di diritto secondo le previsioni dell’art. 8, comma 4, del medesimo
decreto legislativo e, in ogni caso, argomentano che la causa di
sospensione di diritto, già operante per il dott. De Luca per effetto
della condanna penale non definitiva, non è correlata alla singola
carica in concreto ricoperta, ma all’impossibilità di ricoprire qualsiasi
carica pubblica. Pertanto, l’avvenuto preventivo accertamento della
sussistenza di tale causa di sospensione determinerebbe, per
l’appunto, l’incandidabilità assoluta del dott. De Luca.
Come corollario, l’Ufficio Centrale Regionale costituito presso la
Corte d’Appello di Napoli avrebbe dovuto accertare e verificare ex
officio la sussistenza della causa d’incandidabilità, anche richiedendo
documentazione al Prefetto ed al Ministero dell’Interno, già a
conoscenza della illegittima situazione, e lo stesso interessato
avrebbe dovuto dichiarare la condizione di sospensione di diritto
dalle cariche pubbliche, pena l’illegittimità della sua ammissione alla
competizione elettorale regionale.
2.3 – Le predette censure vanno sen’altro disattese.
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Il d.lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in
materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di
Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti
non colposi) opera una chiara e tassativa distinzione tra le ipotesi
nelle quali non è consentito candidarsi alle elezioni regionali e,
comunque, ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale,
assessore e consigliere regionale (per quanto qui interessa) e quelle in
cui, viceversa, è disposta la sospensione di diritto dalle predette
cariche.
Le cause d’incandidabilità sono costituite dall’aver subito una
condanna definitiva per determinati delitti muniti di disvalore
specifico (art. 7, comma 1, lett. a, b, c), oppure una condanna
definitiva ad una pena detentiva superiore a sei mesi per determinati
altri delitti o non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non
colposo (art. 7, comma 1, lett. d, e), oppure ancora l’applicazione,
con provvedimento definitivo, di una misura di prevenzione perché
indiziati di appartenere ad una delle associazioni criminali di cui alla
disciplina ivi richiamata (art. 7, comma 1, lett. f).
In ogni caso, ne costituisce presupposto un provvedimento di natura
definitiva (condanna definitiva; provvedimento definitivo di
applicazione della misura di prevenzione).
La definitività della condizione ostativa giustifica la previsione,
contenuta nel terzo comma dell’art. 7, che l’eventuale elezione o
nomina di coloro che si trovano in condizione d’incandidabilità è
nulla e l’organo che ha deliberato la nomina o la convalida
dell’elezione è tenuto a revocarla non appena venuto a conoscenza
dell’esistenza della condizione medesima.
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Al contrario, in base all’art. 8 dello stesso T.U. quelle stesse
condanne, quando non sono definitive, costituiscono cause di
semplice sospensione di diritto dalla carica (nel caso di condanna a
una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non
colposo, dopo l’elezione o la nomina, è però necessario che la
sentenza di primo grado sia stata confermata in appello); lo stesso
vale per l’applicazione della predetta misura di prevenzione che
avvenga con provvedimento non definitivo.
La situazione di sospensione dalla carica, siccome legata ad un
provvedimento non definitivo, è anch’essa intrinsecamente
provvisoria, essendo destinata a far posto alla decadenza dalla carica
stessa, qualora intervenga il passaggio in giudicato della sentenza di
condanna o divenga definitivo il provvedimento che applica la
misura di prevenzione (cfr art. 8, comma 6), oppure a cessare col
venir meno della causa di sospensione (ad esempio, qualora venga
emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a
procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di
revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento,
ancorché con rinvio: cfr. art. 8, comma 5), o comunque col decorso
di un termine di diciotto mesi (prorogato di altri dodici mesi in caso
di rigetto dell’impugnazione: cfr. art. 8, comma 3).
D’altronde, se la finalità che si è inteso perseguire con il T.U. del
2012, come già in passato con analoghe norme di legge, è quella di
assicurare la salvaguardia dell’ordine e della sicurezza pubblica, la
tutela della libera determinazione degli organi elettivi, il buon
andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche
collegando all’elemento della condanna irrevocabile per determinati
gravi delitti un giudizio di indegnità morale del soggetto tale da
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precludergli l’accesso ed il mantenimento delle cariche elettive (cfr.
C.Cost. n. 118 del 1994), la soglia di tutela di quei valori non si
sarebbe potuta avanzare così tanto da prevedere un’analoga
irreversibile limitazione del diritto costituzionale all’accesso alle
cariche elettive (art. 51 Cost.) anche per il caso di condanne non
irrevocabili, stante pure il fondamentale principio di cui all’art. 27,
comma 2, Cost.
Tale ragionamento trova autorevole conforto nelle indicazioni
provenienti dalla giurisprudenza costituzionale, che a suo tempo
ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 15, comma 1,
della legge 19 marzo 1990, n. 55, come modificato dall’art. 1 della
legge 18 gennaio 1992, n. 16, nella parte in cui prevedeva la non
candidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e
circoscrizionali di coloro per i quali, in relazione a determinati reati,
fosse stato semplicemente disposto il giudizio, ovvero per coloro che
fossero stati presentati o citati a comparire in udienza per il giudizio,
ed ancora per coloro nei cui confronti fosse stata applicata una
misura di prevenzione con provvedimento non definitivo, nonché,
per quanto più da vicino qui interessa, l’illegittimità costituzionale
dello stesso articolo nella parte in cui prevedeva la non candidabilità
alle elezioni di coloro i quali fossero stati condannati, per i delitti
indicati, con sentenza non ancora passata in giudicato.
La Corte, ricordando che le fattispecie di non candidabilità,
interferendo sulla formazione della rappresentanza, devono essere
sottoposte a un controllo particolarmente stringente, poiché
incidono direttamente sul diritto di partecipazione alla vita pubblica
e, quindi, sui meccanismi che danno concretezza al principio della
rappresentatività democratica nel governo degli enti locali, traccia un
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percorso argomentativo che giova alla chiarezza del discorso
riportare nei termini più ampi: «la verifica di legittimità costituzionale deve
effettuarsi innanzitutto alla luce del diritto di elettorato passivo, che l’art. 51
della Costituzione assicura in via generale, e che questa Corte ha ricondotto alla
sfera dei diritti inviolabili sanciti dall’art. 2 della Costituzione (sentenze nn. 571
del 1989 e 235 del 1988). Né tale controllo può arrestarsi dinanzi
all’osservazione che esiste un nesso di strumentalità tra la non candidabilità e i
valori di rilievo costituzionale testé ricordati: le restrizioni del contenuto di un
diritto inviolabile sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di
altri interessi di rango costituzionale, e ciò in base alla regola della necessarietà e
della ragionevole proporzionalità di tale limitazione (sentenza n. 467 del 1991,
cons. dir., n. 5; sui limiti posti a diritti inviolabili da esigenze di conservazione
dell’ordine pubblico, v., fra le varie, le sentenze nn. 138 del 1985 e 102 del
1975). Qui si deve accertare se la non candidabilità sia dunque indispensabile
per assicurare la salvaguardia di detti valori, se sia misura proporzionata al fine
perseguito o non finisca piuttosto per alterare i meccanismi di partecipazione dei
cittadini alla vita politica, delineati dal titolo IV, parte I, della Carta
costituzionale, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata giustificazione
di rilievo costituzionale. Nel compiere tale verifica, non bisogna dimenticare che
“l’eleggibilità è la regola, e l’ineleggibilità l’eccezione”: le norme che derogano al
principio della generalità del diritto elettorale passivo sono di stretta
interpretazione e devono contenersi entro i limiti di quanto è necessario a
soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate (v. già la sentenza
n. 46 del 1969, indi la sentenza n. 166 del 1972, fino alle sentenze nn. 571
del 1989 e 344 del 1993). Considerazioni che questa Corte ha già svolto con
riguardo alle cause di ineleggibilità, peraltro sempre rimovibili dall’interessato: e,
perciò, si richiede che il limite sia effettivamente indispensabile. 4. – Ora, la
previsione della ineleggibilità, e della conseguente nullità dell’elezione, è misura
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che comprime, in un aspetto essenziale, le possibilità che l’ordinamento
costituzionale offre al cittadino di concorrere al processo democratico. Chi è
sottoposto a procedimento penale, pur godendo della presunzione di non
colpevolezza ai sensi dell’art. 27, secondo comma, della Costituzione, è intanto
escluso dalla tornata elettorale: un effetto irreversibile che in questo caso può essere
giustificato soltanto da una sentenza di condanna irrevocabile. Questa,
d’altronde, è richiesta per la limitazione del diritto di voto, ai sensi dell’art. 48
della Costituzione; sotto questo specifico profilo l’art. 51, primo comma, e l’art.
48, terzo comma, fanno sistema nel senso di precisare e circoscrivere, per quanto
concerne gli effetti di vicende penali, il rinvio alla legge che l’art. 51 opera per i
requisiti di accesso alle cariche elettive. La sancita ineleggibilità assume i caratteri
di una sanzione anticipata, mancando una sentenza di condanna irrevocabile
[…]e inoltre, ove si guardi al rapporto tra rappresentanti e rappresentati, viene
alterata – senza che ciò sia imposto dalla tutela dei beni pubblici cui è preordinata
la legge in esame – quella “corretta e libera concorrenza elettorale” che questa
Corte ha considerato valore costituzionale essenziale, tanto da sindacare in suo
nome disposizioni con cui si statuiscono cause di ineleggibilità irragionevoli e dagli
effetti sproporzionati […]. Finalità di ordine cautelare – le uniche che possono
farsi valere in presenza di un procedimento penale non ancora conclusosi con una
sentenza definitiva di condanna – valgono a giustificare misure interdittive
provvisorie, che incidono sull’esercizio di funzioni pubbliche da parte dei titolari
di uffici, e anche dei titolari di cariche elettive, ma non possono giustificare il
divieto di partecipare alle elezioni».
Alla luce di tutto ciò non potrebbe in alcun modo fondatamente
sostenersi che il dott. De Luca, in quanto condannato con sentenza
non definitiva, versi in una ipotesi di incandidabilità.
N. 02315/2015 REG.RIC.
Tanto meno, dunque, l’Ufficio Centrale Regionale avrebbe dovuto o
potuto accertare tale inesistente causa d’incandidabilità o lo stesso
interessato dichiararne la sussistenza.
2.4 – Col secondo motivo di censura, i ricorrenti introducono un
ulteriore argomento per sostenere che l’impossibilità giuridica del
dott. De Luca di svolgere, qualora risultasse eletto, le sue funzioni di
Presidente della Regione dimostrerebbe che egli è incandidabile.
Essi affermano che, mentre per l’elezione dei consiglieri regionali
l’art. 17 della legge n. 108/1968 stabilisce che, quando sussiste
qualcuna delle cause di ineleggibilità previste dalla legge, il consiglio
regionale deve annullare l’elezione del candidato ineleggibile
provvedendo alla sua sostituzione con chi ne ha diritto,
l’ordinamento non contempla, invece, la sostituzione di un candidato
presidente eletto, posto che allo stesso sono collegate una serie di
liste.
Per questa ragione, in caso di elezione del dott. De Luca si dovrebbe
annullare l’intera elezione.
Per altro verso, non essendo surrogabili le funzioni di presidente che
il dott. De Luca, se eletto, non potrebbe svolgere determinerebbe
l’impossibilità di costituire il plenum del consiglio regionale, di cui il
presidente per legge costituisce parte.
Infine, il consentire la partecipazione alla competizione elettorale ad
un candidato che non può svolgere la funzione pubblica – che è la
finalità della competizione elettorale -, contrasta con fondamentali
principi costituzionali, quali quello di ragionevolezza e quello della
corretta e legittima elezione, composizione e funzionamento delle
Istituzioni ex art. 97 Cost., oltre a ledere l’aspettativa della prima
ricorrente, quale candidato Presidente alla giunta regionale della
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Campania, a partecipare ad una consultazione elettorale in un
definito contesto politico ed ambientale, nel rispetto dei valori
primari della Costituzione inerenti la legittima formazione degli
incarichi istituzionali e politici.
2.5 – Anche questo secondo ordine di censure non può essere
condiviso.
Il primo argomento speso dai ricorrenti, infatti, non dimostra, ma
presuppone che il dott. De Luca versi in una situazione di
incandidabilità, il che si è dimostrato non essere corretto.
La sua eventuale elezione, pertanto, non ricadrebbe sotto il regime
dell’art. 7, ma sotto quello sospensivo dell’art. 8 del d.lgs. n.
235/2012.
E’ solo per mera completezza che può aggiungersi che, quand’anche
così non fosse, l’ultimo comma dell’art. 7 del d.lgs. n. 235/2012,
riguardando indifferentemente l’elezione o la nomina alle cariche di
cui al primo comma soggette alla disciplina delle incandidabilità, tra
cui quella di presidente di giunta regionale, dimostra che la
conseguenza dell’incandidabilità del presidente eletto non è la
caducazione dell’intera competizione elettorale, bensì la nullità della
elezione dell’interessato.
Va senz’altro disatteso anche l’argomento dell’impossibilità di
costituire il plenum del consiglio regionale, posto che le conseguenze
della sospensione di diritto dalla carica (la situazione in cui
verserebbe il dott. De Luca, se eletto) sono regolate dal comma 3
dell’art. 8 cit. («nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, fatte
salve le diverse specifiche discipline regionali, non sono computati al
fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di
N. 02315/2015 REG.RIC.
qualsivoglia quorum o maggioranza qualificata»), escludendo che
costituisca ostacolo alla costituzione dell’assemblea.
Sul contemperamento dei valori costituzionali in gioco già si detto in
precedenza.
3.1 – Il ricorso per motivi aggiunti è articolato su tre motivi.
3.2 – Col primo motivo aggiunto, i ricorrenti tornano a proporre,
sulla scorta degli atti acquisiti in sede di accesso, la questione
dell’omessa verifica della condizione soggettiva di incandidabilità del
dott. De Luca.
Come si è visto, però, tale dedotta condizione non sussiste e,
dunque, il motivo è infondato.
3.3 – Col secondo motivo aggiunto, i ricorrenti denunciano la
violazione dell’art. 1 della legge n. 43 del 1995, secondo cui la
presentazione della lista regionale deve, a pena di nullità, essere
accompagnata dalla dichiarazione di collegamento alle liste.
In tal senso, espongono che la dichiarazione di accettazione della
candidatura da parte del dott. De Luca, poiché munita di firma
autenticata in data 29 aprile 2015, non presenterebbe la richiesta
simultaneità di collegamento con le liste provinciali indicate nella
dichiarazione di collegamento, poiché tale ultima dichiarazione è del
2 maggio 2015 e, quindi, ad essa posteriore.
La censura è infondata, poiché la simultaneità richiesta non è riferita
alla data di sottoscrizione dei documenti, ma a quella della loro
presentazione.
3.4 – Col terzo motivo aggiunto, i ricorrenti denunciano che la
dichiarazione di accettazione della candidatura da parte del dott. De
Luca:
N. 02315/2015 REG.RIC.
– si discosta dal modello predisposto dalla regione Campania,
avendovi aggiunto alla lettera a) (dichiarazione di non trovarsi in
alcuna situazione di incandidabilità prevista dagli artt. 7 e 9 del d.lgs.
n. 235/2012) la dizione “ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445”, ivi non prevista;
– la dichiarazione non reca l’indicazione di data e luogo, pur
prescritta nel predetto modello;
– il dichiarante ha omesso di rappresentare la sua situazione di
sospensione ex art. 8 del d.lgs. n. 235/2012.
La tesi che, per tutte queste ragioni, la dichiarazione non
soddisfarebbe i requisiti di legge è anch’essa priva di fondamento.
In senso contrario, infatti, va osservato quanto segue.
L’aggiunta della formula “ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445” non muta il contenuto sostanziale della dichiarazione
resa dell’interessato ed è finalizzata ad ottemperare a quanto
prescritto dall’art. 9 del d.lgs. n. 235/2012.
Il fatto che non sono stati indicati data e del luogo negli appositi
campi del modulo predisposto dalla Regione è irrilevante, poiché
data e luogo della dichiarazione del dott. De Luca sono attestati, con
forza fidefacente, dall’autentica della firma.
Infine, il dott. De Luca non era tenuto a rappresentare la situazione
di sospensione dalla carica di Sindaco, poiché ciò che gli era richiesto
era la dichiarazione di non trovarsi in alcuna situazione di
incandidabilità prevista dagli artt. 7 e 9 del d.lgs. n. 235/2012,
nessuna delle quali – per tutto quanto si è ampiamente visto –
coincide con le cause di mera sospensione dalla carica.
4. – In conclusione, il ricorso in esame, integrato dai motivi aggiunti,
è infondato e deve essere respinto.
N. 02315/2015 REG.RIC.
5. – Poiché l’azione proposta non appare caratterizzata da forme
eccedenti o devianti rispetto alla tutela attribuita dall’ordinamento,
cioè da un sostanziale abuso del processo, non ricorrono i
presupposti per la condanna dei soccombenti al pagamento della
sanzione pecuniaria prevista dall’art. 26, comma 2, c.p.a. per il caso
in cui la parte soccombente abbia agito o resistito temerariamente in
giudizio.
6. – Le spese seguono la soccombenza nei confronti del
controinteressato De Luca Vincenzo e sono liquidate come da
dispositivo.
Le stesse vanno invece compensate nei confronti dei resistenti che
non hanno svolto difese scritte e degli intervenienti ad opponendum,
che hanno liberamente scelto di partecipare al giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n.
2315/15), lo respinge. —
Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di
giudizio in favore di De Luca Vincenzo, liquidandole nella somma
complessiva di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA.
–Compensa le spese di giudizio tra le altre parti. —
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità
amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 8 maggio
2015 con l’intervento dei magistrati:
Gabriele Nunziata, Presidente FF
Francesco Guarracino, Consigliere, Estensore
Brunella Bruno, Primo Referendario
N. 02315/2015 REG.RIC.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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