Proprio il Presidente dell’Antimafia ieri Tv parlando delle accuse mossegli dopo la pubblicazione della lista aveva detto: “Chiedo le scuse al mio partito, ritengo di aver diritto ad un risarcimento. Ho combattuto molte battaglie ma sempre a viso aperto. Su De Luca ha sbagliato il mio partito a reagire in quel modo. Faccio tanti auguri a De Luca. Il fatto che i campani lo abbiano votato – aveva affermato – vuol dire che hanno valutato le sue capacità di sindaco e sanno che sarà un bravo presidente di Regione. Non può querelarmi, non lo farà, ha proseguito rispondendo ad una domanda. “Mi auguro una svolta nelle politiche del Governo per il Mezzogiorno. L’Italia non riparte se non riparte il sud”.
Nel momento in cui il presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi ha reso pubblica la lista dei cosiddetti politici ‘impresentabili’ ha determinato un danno d’immagine, è andata oltre i compiti assegnati dalla legge alla Commissione Antimafia e ha influito sulla formazione della volontà popolare. Sono queste le tre argomentazioni giuridiche sostenute da Vincenzo De Luca nella denuncia presentata oggi dal neo governatore campano nei confronti di Rosy Bindi. Lo apprende l’ANSA da fonti vicine a De Luca.
Per De Luca nel comportamento della Bindi si configurano i reati di diffamazione, abuso d’ufficio e attentato ai diritti politici costituzionali. Tutto nasce dalla conferenza stampa convocata dalla Bindi venerdì scorso a Roma – di qui la competenza della procura della Capitale cui si chiede di accertare i fatti – in cui ha reso noti i nomi dei sedici candidati (dodici in Campania e quattro in Puglia) che – a parere della Commissione – non rispondevano ai requisiti richiesti per la candidatura.
Secondo i legali di De Luca che hanno formulato la denuncia, depositata oggi nella Questura di Salerno, nel momento in cui la Commissione ha reso pubblici i nomi della lista è andata al di là di quella missione consultiva cui si sarebbe dovuta attenere fungendo da supporto ai partiti sui criteri da seguire nelle candidature. De Luca contesta il fatto che la Commissione abbia mai approvato la composizione di una lista e considera la conferenza stampa come la circostanza che ha trasformato un atto astrattamente lesivo (il fatto che ci fosse una lista) in una concreta lesione dei suoi diritti (l’averla resa pubblica).
La diffamazione consisterebbe nell’aver accostato il nome di De Luca a reati di tipo mafioso dato che l’organismo in questione che lo ha giudicato “impresentabile” è la Commissione Antimafia. In qualche modo – spiegano dall’entourage del neo presidente della Regione Campania – De Luca appare come un soggetto responsabile di condotte riconducibili ad attività mafiosa. L’abuso d’ufficio sarebbe legato – sempre secondo la tesi di De Luca – a una violazione della legge costitutiva della Commissione la quale sostanzialmente affida all’organismo Antimafia compiti di monitoraggio e di attività ispettiva e non di magistratura.
Infine l’ipotesi di attentato ai diritti politici costituzionali. De Luca ritiene che l’iniziativa della Bindi abbia deviato il legittimo corso del consenso andando a influire – a due giorni dalle elezioni – sulla formazione della volontà popolare. Nella querela si sostiene che è stato leso il diritto costituzionale dell’elettorato passivo in capo a De Luca con l’aggravante dell’uso della carica istituzionale, quella di presidente della Commissione Antimafia, per connotare di autorevolezza un’informazione che altrimenti sarebbe rientrata nella semplice dialettica positiva. Per De Luca le informazioni diffuse sul suo conto ne hanno indebolito la credibilità davanti al suo elettorato procurandogli un danno in termini di voti.
LA REPLICA DI ROSY BINDI. “Quella di De Luca è una denuncia priva di ogni fondamento, un atto puramente strumentale, che ha scopi diversi da quelli che persegue la giustizia e che pertanto non mi crea alcuna preoccupazione”: lo afferma Rosy Bini.