“Impressionanti i numeri della vicenda: 333 dipendenti, 237 malati, 20 morti, 4 decessi solo nel 2015 – spiega – Unica speranza rimane la maxi inchiesta avviata dalla procura di Avellino, che ha rinviato a giudizio 29 imputati tra cui il proprietario dello stabilimento Elio Graziano, il sindaco Paolo Foti, l’ex primo cittadino Giuseppe Galasso e funzionari delle Ferrovie dello Stato. Il Giudice per le udienze preliminari deciderà a ottobre 2015 ma le accuse sono gravissime: disastro ambientale, omicidio plurimo colposo, lesioni, falso in atto pubblico e omissione di atti di ufficio;
dalla lettura degli atti di inchiesta emerge che sotto terra, seppelliti nel cortile davanti all’ex fabbrica dove si scrostavano le pareti dei treni, ci sono due milioni e 276 mila chili di amianto di tipo blu, il più pericoloso, perché è sufficiente inalarne una sola fibra per ammalarsi; queste fibre letali sono state respirate per anni dagli operai dell’Isochimica che toglievano l’amianto a mani nude, senza tute di protezione né mascherine e con loro le hanno respirate le mogli, che lavavano a casa le tute dei mariti piene di particelle d’amianto”.
“Uno studio dell’ospedale «Scarlato» di Scafati – sottolinea Cirielli – ha rivelato che il 100 per cento degli operai che si sono sottoposti volontariamente alle analisi è risultato contaminato e a conclusioni analoghe sono giunte le perizie del «Sacro Cuore» e di Antonio Giordano, l’oncologo impegnato proprio nell’emergenza della Terra dei fuochi, spiegando ai magistrati che il «tempo di latenza» della malattia sarebbe scaduto in un periodo compreso tra i 20 e i 25 anni e che, dunque, il numero di morti è destinato inevitabilmente ad aumentare”.
“Già da anni – conclude – era stata segnalata la pericolosità del sito, che, tra l’altro, operava a meno di cento metri in linea d’aria dagli insediamenti abitativi e addirittura da un istituto scolastico, una scuola elementare, del rione Ferrovia-Pianodardine. Ogni tentativo di allarme è caduto nel vuoto e oggi sono i cittadini a pagare il prezzo di tale inaccettabile immobilismo”.