Nelle centoventi pagine edite da Giallomania le tappe di una carriera straordinaria, dagli inizi fino alla sua direzione de Il Giorno; non mancano fatti di cronaca e pagine di storia che lo hanno visto protagonista; brillano i ricordi e le nostalgie negli elzeviri dedicati alla sua Amalfi.
L’evento, che sarà moderato dal giornalista Gabriele Bojano, vedrà la partecipazione del direttore del Corriere del Mezzogiorno, Enzo D’Errico, che rappresenterà il gruppo editoriale del Corriere della Sera del quale Afeltra è stato finanche vicedirettore.
Presenzieranno il sindaco Daniele Milano, l’assessore Enza Cobalto e l’Autore, medico pneumologo, giornalista e saggista, originario di Vietri sul Mare e trapiantato nel pavese. Saranno presenti anche alcuni nipoti di Afeltra.
Gaetano Afeltra fu chiamato al Corriere nel 1942, dove successivamente ricoprì le cariche di redattore, redattore capo e vicedirettore. La notte del 25 luglio 1943 Afeltra era di turno: a lui toccò chiudere il Corriere il giorno in cui Mussolini fu destituito dal Gran Consiglio del Fascismo; come toccò a lui chiudere il quotidiano dell’8 settembre 1943, listato a lutto e con una sola parola per titolo: «Armistizio». L’8 settembre 1943 fu il suo ultimo giorno di permanenza al quotidiano di via Solferino, che lasciò per partecipare alla resistenza.
Don Gaetano ha rappresentato, per generazioni di giornalisti, un vero e proprio mito: non è stato soltanto un grande professionista della carta stampata, ma anche, soprattutto, un grande direttore di orchestre giornalistiche, come l’ormai leggendario Corriere d’Informazione: grazie a lui, l’edizione pomeridiana del Corriere, divenne il quotidiano del pomeriggio più letto in Italia.
Il libro di Della Monica si chiude con i ritratti che l’autore dedica a tre tra i suoi più cari amici: Dino Buzzati, Giuseppe Marotta, Indro Montanelli. Ma più che di ritratti si può parlare di racconti che mettono in risalto un rapporto più che amichevole.
Per Afeltra, come per tanti altri meridionali di talento, Milano rappresentò il favoloso porto delle nebbie. Fra il capoluogo lombardo e il giovane amalfitano, col trascorrere degli anni, col crescere dei successi e delle amicizie indissolubili, si stabilì un rapporto di vera e propria simbiosi.
Una complicità di sangue lo aveva sempre legato al suo luogo di origine: simile a quella che ci unisce talvolta umanamente ad una donna.
Amalfi riassumeva per Afeltra ogni concepibile luogo di intimità collettiva: mercato, piazza, chiesa. E mai vi fu, giorno o sera, che non pensasse alla sua Amalfi con una stretta al cuore, o non riascoltasse sillabe rauche di vecchi pescatori o venditori ambulanti esercitate all’aria aperta col consenso del sole, della pioggia, del vento.
Nei suoi elzeviri e racconti Afeltra ripescò case e famiglie scomparse, parole e pietre perdute, ridiede l’ombra di un volo di nuvole su un balcone che non c’era più, e la quieta rissa di voci nelle sere d’estate.
“Don Gaetano” dipinse con le parole i suoi ricordi: esempi di una tipologia fertilissima, dove in vario modo a una luce greca si coniugava un denso fuoco saraceno; emblemi eroici e amati, da cui in ogni sua giornata, per vicoli e piazze, il piccolo Gaetano bevve senza stancarsi.
Fonte Il Vescovado