Ecco l’editoriale di Tony Ardito
In politica spesso il trasformismo viene giustificato da una non meglio definita caduta degli steccati e delle ideologie. Il che autorizzerebbe l’esercito aduso a praticarlo ad ogni livello – tanto più in prossimità di scadenze elettorali – non solo a saltellare nell’ampio ambito di riferimento – centrodestra o centrosinistra – ma molto più disinvoltamente, dall’uno all’altro, a seconda delle proprie convenienze.
In più, taluni, arricchiscono le proprie alte motivazioni auto-collocandosi nella categoria delle “persone per bene” cosiddette.
Ho sempre pensato che le Persone per Bene non appartenessero ad un ceto o ad una categoria sociali; né fossero iscritte ad un circolo esclusivo, ma molto più semplicemente, sono coloro che serbano l’etica della responsabilità e danno conto del proprio cimento quotidiano – qualunque esso sia – alla famiglia, al datore di lavoro, alla comunità di appartenenza, nel convinto rispetto, spesso a fronte di sacrificio, delle regole.
Solo l’elettore ha facoltà di cambiare ed anche più volte, opinione. Il voto è l’attestazione di un giudizio; sia esso espresso sulla fiducia o per accordare il proprio assenso su quanto prodotto.
Talvolta, quindi, il ritorno al passato non rappresenta necessariamente un male. Ricostituire nei partiti una scala di valori solidi ed uno spazio politico in cui essi possano agire e confrontarsi, sarebbe un primo importante passo, se non disgiunto dalla esigenza di restituire in modo netto ed inequivocabile al cittadino la possibilità di scegliere il suo rappresentante, in seno al Parlamento innanzitutto.
Forse, forse ne guadagnerebbero le istituzioni, la rappresentanza democratica, le comunità, i territori. Ci sarebbe un trasformista in meno e, finalmente, potrà proporsi e distinguersi una qualche “persona per bene” in più…
Tony Ardito