Renzi sorride, stringe mani, cerca per una battuta il più giovane del gruppo, Gabriel Zuchtriegel (34 anni), che guiderà il Parco Archeologico di Paestum, saluta Eva Degl’Innocenti chiamata a dirigere il Museo Archeologico di Taranto, si ferma un attimo con Eike Schmidt, chiamato agli Uffizi, lancia a tutti il suo in bocca al lupo. Poi prende la parola per sottolineare che la scelta di cambiare pelle ai musei è un po’ anche sua, condivisa dal governo, che vuole “affermare un modello di museo più vicino a quello anglosassone”, perché il mondo è cambiato e sono cambiate le esigenze del pubblico, dice, “i musei dell’800 e del primo ‘900 si rivolgevano ad élite selezionate di persone”, un pubblico super colto che non aveva bisogno di intermediari.
Oggi “è diverso”, “il museo è esperienza, l’opera d’arte deve darti qualcosa, il museo deve essere più efficiente, più capace di innovazione, i 20 nuovi direttori hanno la grande responsabilità di portare i musei nella storia inquietante e insieme affascinante del futuro”. Prima di lui Franceschini aveva difeso a spada tratta la sua riforma. “Ci stiamo adeguando con ritardo alle linee guida indicate dalla associazione internazionale dei musei, ma lo stiamo facendo con una marcia in più che ci fa superare molti altri.
E’ la prima volta che un Paese fa una selezione pubblica internazionale per trovare i direttori dei suoi musei”, aveva sottolineato il ministro. E le nomine “sono l’ultimo passo di un percorso di cambiamento e innovazione profonda cominciato da tempo. Un passo del cambiamento del Paese – faceva notare ricordando le polemiche di ferragosto – ora lavoreremo come una squadra, autonomia dei musei non significa rinunciare a lavorare come sistema”. Il tempo stringe, le domande sono contingentate, al premier chiedono se continua a considerare le soprintendenze un freno allo sviluppo del Paese, come disse da sindaco. Lui non si sottrae, sottolinea “la qualità delle persone”, “ma sulla lentezza delle procedure non ho cambiato idea, tant’è che abbiamo fatto la riforma”.
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