Sono stati dieci anni fondamentali per l’affermazione dei diritti civili e di cittadinanza delle persone omosessuali e transessuali e dei loro figli nel nostro Paese. Famiglie Arcobaleno, nata da un esiguo numero di socie e soci, con il tempo è cresciuta in modo esponenziale, di pari passo con l’acquisizione della consapevolezza che quella omogenitoriale pure è una famiglia e soprattutto con il “baby boom” che ha contrassegnato le famiglie omogenitoriali e con genitori transessuali in Italia in questi ultimi anni, grazie alla procreazione medicalmente assistita.
«Non ci stancheremo mai di ripetere che la capacità genitoriale prescinde dall’orientamento sessuale delle persone e che per le famiglie omogenitoriali le tecniche mediche procreative sono un diritto tanto quanto per le famiglie etero. L’unica differenza è che le famiglie same-sex non le possono nascondere, magari dietro ad un ex-voto», afferma Giuseppina.
Carattere distintivo di Famiglie Arcobaleno è la condivisione dello stesso progetto politico da parte di tante donne e uomini che hanno deciso di dire basta alla discriminazione ed all’assoggettamento delle persone al volere altrui in fatto di genitorialità e di costituzione di una famiglia. È una battaglia che passa per il rifiuto categorico della subalternità della donna all’uomo in tutta la società, a cominciare proprio dalla famiglia.
E che rigetta anche tutti quegli atti e fatti che fanno sentire autorizzate alcune persone a trattarne altre come subalterne, siano esse di sesso maschile o femminile, per il solo fatto che il loro amare è originale, unico ed irripetibile e non corrisponde a stereotipi o imposizioni sociali, religiose o ideologiche.
«Crediamo che la nostra battaglia, che per noi e per i nostri figli è necessaria», conclude Giuseppina, «sia una battaglia di libertà per tutte e tutti i cittadini e le cittadine del nostro Paese. Per questo invitiamo tutti gli Italiani e le Italiane a non abbassare la guardia sui temi che ci vedono impegnati perché i nostri diritti sono i diritti di tutti. Negare i nostri significa rinunciare alla propria libertà ed a quella dei propri figli».