Il rapporto di Salerno con il genio di Kantor – pittore, scenografo, teorico, creatore di happening, regista, costruttore di incredibili macchine teatrali, e sostanzialmente poeta – cominciò alla fine degli anni Ottanta, con le rappresentazioni Crepino gli artisti (1988, Teatro A, Mercato S. Severino) e Qui non ci torno più (1990, Teatro Capitol, Salerno) – e, ancora oggi, quella straordinaria presenza è punto di riferimento per gli spettatori di allora -. Poco più di dieci anni dopo, la città ritrovò l’arte kantoriana, con l’importante convegno alla Fondazione Menna (Achille Perilli, Lorenzo Mango, Renato Palazzi, Angelo Trimarco, Roberto Tessari, tra i partecipanti), una grande mostra documentaria, uno spettacolo dei gemelli Janicky, attori prediletti del maestro (che misero in scena, alla loro straordinaria maniera, un’antologia beckettiana) e una foltissima videorassegna curata da Andrzej Sapija.
Si conclude oggi l’ideale trilogia che Salerno ha dedicato, lungo un quarto di secolo, al Maestro polacco. A sua volta, De Martino ha raccontato al mondo lo splendore e la miseria di un sud che, al di là della geografia, diviene «regione dell’anima». Del grande capostipite dell’antropologia novecentesca si indagheranno, dal 14 al 16 dicembre, aspetti della personalità più reconditi e suggestivi, con una rilettura del nucleo profondo del suo pensare critico. Insieme, l’attenzione sarà posta su due figure centrali del meridionalismo: Carlo Levi (a 70 anni dalla pubblicazione del Cristo) e Rocco Scotellaro, il poeta-sindaco morto a 30 anni, la cui militanza politica coincide con quella culturale, morale e ideale della parte migliore del nostro Paese nell’immediato dopoguerra. In cartella il dettaglio delle attività della “Settimana kantoriana”, dal 3 all’8 novembre, che include, incontri, masterclass, proiezioni e spettacoli che si terranno in diverse location.