“Ancora una volta – spiega il giudice Scognamiglio in una lunga nota – mi vedo costretta, mio malgrado, ad operare pubbliche precisazioni in ordine alla mia posizione processuale relativa alla vicenda De Luca”.
“Ho già rilevato – spiega il giudice indagato nell’inchiesta della procura di Roma su un presunto patto per favorire De Luca in cambio di un incarico al marito nella sanità campana – con apposito comunicato stampa di ieri, che l’intercettazione pubblicata su tutti i giornali secondo la quale, subito dopo la decisione su De Luca, avrei detto a mio marito: “E’ fatta!” non risulta essere agli atti della Procura di Roma ed è, comunque, non rispondente al vero”. Ricorda il magistrato di aver già precisato, anche, “che una seconda conversazione (anch’essa divulgata sulla stampa) secondo la quale mio marito mi avrebbe comunicato quali dei possibili incarichi gli sarebbero stati conferiti, non può essere intercorsa con me poiché, quel giorno, mi trovavo in Puglia con i miei figli, ma piuttosto con mia cognata, che si chiama anche essa Anna e che effettivamente poteva trovarsi in barca a Ponza”.
“Leggo oggi sulla stampa di una terza intercettazione – osserva il giudice – effettuata il giorno dell’udienza, relativa ad una comunicazione intercorsa con mio marito e che viene definita molto importante ai fini dell’indagine: nella stessa io chiedo a mio marito, che si trova ad Avellino, cosa abbia fatto con il “preside”, se ha ricevuto “il nulla-osta” e se ha una dichiarazione di “disponibilità” ricevendo dallo stesso risposta affermativa con il contestuale invito a recarmi il lunedì successivo ai Salesiani”. Osserva il magistrato del tribunale civile di Napoli come si ritenga tale conversazione fondamentale per l’accusa nei suoi confronti: “Poiché il linguaggio usato sarebbe criptico, in quanto nasconderebbe un fattivo interessamento alla sorte della sua auspicata nomina a manager; il “preside” si dovrebbe identificare in chi aveva il potere di conferirgliela, mentre il “nulla-osta” e la “dichiarazione di disponibilità” si riferirebbero alle garanzie dategli o promessegli: in definitiva vi sarebbe la prova della mia complicità poiché, in sostanza, si insinua che io chiedevo tali notizie a mio marito, proprio mentre era in corso l’udienza, allo scopo di poter modulare la decisione in modo favorevole o sfavorevole a De Luca a seconda delle garanzie che nel frattempo gli venivano fornite in ordine alla sua nomina”.
“Sono – sottolinea il giudice Scognamiglio – ovviamente allibita di una tale interpretazione e preciso al riguardo che: mio figlio Gianluca è stato iscritto al liceo dei Salesiani del Vomero nell’anno scolastico 2014/2015 ed è stato bocciato per il passaggio al terzo liceo; fu così che decisi di fargli cambiare scuola tentando di iscriverlo al liceo Mazzini; per operare detto passaggio, come da prassi, era necessario acquisire sia la “disponibilità” della scuola di destinazione sia il “nulla osta” di quella di provenienza; vi erano delle difficoltà amministrative per tale passaggio e fu, perciò, che di detta vicenda me ne occupai unitamente a mio marito con la finalità di risolvere la cosa prima dell’inizio delle ferie e quindi entro il mese di luglio; la terminologia da noi usata nella conservazione non è, quindi, affatto “criptica”, ma era relativa ad un problema che era effettivamente esistente; a riprova di ciò allego un certificato rilasciato dal preside del liceo Mazzini, attestante la “disponibilità all’iscrizione all’anno scolastico 2015/2016” per mio figlio Gianluca; a tale “disponibilità” doveva poi seguire, come si evince dallo stesso certificato, il “nulla osta” dei Salesiani; da sottolineare che tale certificato reca proprio la data del 17 luglio”. “Confido – conclude il giudice – che a tali mie precisazioni venga dato l’opportuno rilievo tenuto conto del grave pregiudizio di immagine che potrei, nel breve, ricevere da una erronea interpretazione della telefonata sopra richiamata e resa pubblica. Allego certificato”.
(ANSA).