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Pensioni e buon senso (di Angelo Giubileo)

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Un sistema a ripartizione poggia sull’equilibrio del rapporto tra l’ammontare dei contributi versati dai lavoratori in attività di servizio e l’ammontare delle prestazioni (previdenziali e, in teoria, non anche assistenziali; come invece accade in Italia) in pagamento. Il rapporto tra le due coorti di lavoratori e pensionati, se finanziariamente equilibrato, non può tautologicamente prescindere da ragioni di equità intergenerazionali.

Per tanto, in ordine alla proposta del presidente Inps, Tito Boeri, di ricalcolo delle pensioni alte e medio-alte calcolate con il metodo retributivo, risulta estremamente difficile capire il punto di vista “tecnico” espresso nella nota di commento del Ministero del Lavoro, laddove in particolare è detto che trattasi di “contributo utile ma si è deciso di rinviare perché quel (n.d.r.: aggettivo o pronome che indica lontananza sia da chi parla che da chi ascolta!) piano, oltre a misure utili come la flessibilità in uscita, ne contiene altre che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi”.

Così come, sempre a commento della medesima proposta, non serve a fare chiarezza quanto affermato, anche in senso contrario, dal premier Matteo Renzi a Bruno Vespa: “ … se metti le mani sulle pensioni di gente che prende 2.000 euro al mese, non è una manovra che dà serenità e fiducia. Per carità, magari è pure giusto a livello teorico”. A parte la precisazione doverosa che la proposta di ricalcolo del presidente Boeri riguarda le pensioni, in pagamento, alte (oltre € 5.000 mensili) e medio-alte (tra € 3.500 e € 5.000 mensili); cosa dire del fatto che, se pur giusta a livello teorico, la proposta non lo sarebbe da un diverso punto di vista, che, evidentemente, non resta che “politico”?

Di certo, vi è che la proposta di Boeri, oltre che equa, è senz’altro una proposta di buon senso. Pur consapevoli che il buonsenso italiano non corrisponde al common sense inglese.

(di Angelo Giubileo)

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