- “L’accorpamento dei porti non ha alcun effetto sulla risoluzione dei problemi veri della portualità italiana: procedure di nomina dei presidenti; elaborazione ed attuazione dei piani regolatori portuali; dragaggi; adeguamenti infrastrutturali; capacità di progettazione e spesa effettiva dei fondi europei; sburocratizzazione; formalità e tempistiche del controllo merci, competitività.
- Nessuna di queste criticità è alleviata dall’accorpamento, anzi, aumenta il livello di burocratizzazione (ufficio periferico, ufficio Autorithy, Ministero)”.
- “Con l’accorpamento del porto di Salerno nella Autorità di Napoli si allontana la gestione dello scalo dalle esigenze del territorio ed in particolare se ne compromette la capacità di rispondere in tempo reale agli adeguamenti degli standard dei servizi export oriented, indispensabili per la crescita della nostra economia”.
- “L’Autorità Portuale preminente (Napoli) per una serie di complesse motivazioni ha dimostrato negli ultimi anni di non sapere badare a stessa, concentrando al suo interno molte delle criticità caratteristiche della portualità nazionale: pluri-commissariamenti; elevata evasione dei canoni demaniali; concessioni di lunghissima durata (50 anni) assegnate senza gara; perdita dei traffici; scarsa capacità di realizzare opere infrastrutturali e dragaggi (Grande Progetto), mancato utilizzo dei fondi europei. Come potrebbe mai questa stessa Autorità Portuale badare efficientemente anche al porto di Salerno?”.
- “La regione Campania sarebbe depotenziata, proprio in materia di gateways internazionali, nell’ambito dell’orientamento all’export dei flussi di merci, con la perdita di un’Autorità Portuale sulle due che oggi possiede, contrariamente a quanto è stato invece determinato dal Ministero per le Regioni Liguria e Sicilia, che ne manterranno due ciascuna (Genova e La Spezia l’una, Palermo e Messina l’altra).”.
- “E’ bene ricordare che non è l’accorpamento dei porti a favorire la crescita dei traffici portuali di un Paese: essa è, invece, legata alla crescita delle produzioni industriali e dei consumi in connessione con i mercati internazionali. Né la situazione italiana è paragonabile alle dinamiche portuali del Nord Europa che ha territorialmente un fronte di mare limitato, al servizio di una piattaforma continentale molto vasta, che si estende dalla Francia del nord fino alla Russia.”.
- “L’Italia, al contrario, ha una vastissima estensione del fronte di mare ed una difficile configurazione morfologica delle aree interne. Il modello dei porti deve quindi prevedere più scali, “snelli”, efficienti e competitivi, al servizio di ambiti produttivi territoriali, con la capacità di mettere in collegamento le aziende con tutti i mercati internazionali. Il modello-Salerno, dove prevale lo spirito della libera impresa nel libero mercato, è esattamente questo e viene premiato dai numeri che è stato capace di raggiungere negli anni”.
- “L’ipotesi originariamente formulata da Salerno è molto più avanzata rispetto a quella che immagina il Ministero e si pone in assoluta antitesi ad ogni visione localistica : se si intende aggregare seriamente i porti in sistemi competitivi, si deve puntare alla creazione di non più di 6 distretti della portualità e della logistica: Nord Est, Nord Ovest, Sud Est, Sud Ovest, Sicilia e Sardegna. Si sta procedendo, invece, ad accontentare 14 porti che conservano l’autonomia, confermando l’idea che non sia l’accorpamento la soluzione dei problemi della portualità del paese. Se questa è la direzione intrapresa, ancora più a maggior ragione non si comprende perché debba essere inutilmente penalizzato il porto di Salerno e depotenziata la regione Campania, con la perdita di una Authority, e per quale ragione le 14 autorità previste non possano essere 15, considerato che il porto di Salerno ha tutti i numeri per esserci”.