La regola del debito pubblico opera in un’ottica di bilanci pluriennali degli stati, mentre quella del deficit in un’ottica di bilanci annuali e quindi incide sulla politica fiscale che resta in carico ad ogni singolo governo degli stati nazionali, anche se sotto stretta sorveglianza – sia preventiva e, nelle ipotesi di deficit eccessivo, che correttiva, con l’avvio della relativa procedura d’infrazione (Edp) – da parte degli appositi organismi della Commissione e del Consiglio europei.
In tempi di crisi, com’è evidente, le due regole servono soprattutto ad un’esigenza di stabilità, più che di crescita, delle aree di riferimento dell’Unione (Ue-28) e dell’euro (Ue-19). Pertanto, a parte l’introduzione di tante altre nuove regole pattizie, in ordine alla regola del debito, in particolare è stato stipulato il Six Pack 2011 ed è stato previsto un nuovo obbligo, per gli stati con un rapporto debito/PIL maggiore (>) del 60%, di riduzione ogni anno del 5% ovvero di 1/20 dell’importo totale nel contempo assommato. Inoltre, per quanto attiene più strettamente alla regola del deficit, nel 2012, in vigore dall’1/1/2013, è stato stipulato il patto di Fiscal Compact, sottoscritto da tutti i paesi membri tranne il Regno Unito e la Repubblica Ceca. Il patto prevede in particolare l’obbligo del perseguimento del pareggio di bilancio (con deroghe minime per quanto riguarda i meccanismi relativi al calcolo del cosiddetto “pareggio strutturale”), ovvero la parità di bilancio tra entrate e uscite annuali dello stato.
Durante gli ultimi anni della crisi, l’Italia ha registrato dati positivi dell’avanzo primario, all’incirca pari, in rapporto al PIL, a: 1,2 (2011); 2,5 (2012); 2,2 (2013); 1,9 (2014). E tuttavia, sia l’aumento già evidenziato del debito pubblico sia la sostanziale stagnazione del PIL, non hanno consentito ancora all’Italia di uscire dalla crisi. Prova ulteriore di ciò, è l’approvazione parlamentare, in deroga al vincolo introdotto in Costituzione con la legge cost. n. 1/2012, del rinvio del pareggio di bilancio al 2017. Infatti, anno per anno, gli avanzi primari registrati sono comunque risultati del tutto insufficienti perfino al pagamento degli interessi sul debito pubblico in scadenza. A tale proposito, basti ad esempio il quadro di sintesi per l’anno 2013 (dati espressi in miliardi di euro), immediatamente prima dell’avvento dell’ultimo governo nazionale, in carica, a guida Renzi (22.2.2014):
PIL 2013 | Interessi sul debito 2013 | Avanzo primario 2013 | Deficit annuale 2013 |
1607 | 82,04 | 34,7 | 47,34 (2.9%) |
di Angelo Giubileo
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