Così, di seguito: “La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico (…) è democrazia per il fatto che, nell’amministrazione, esso si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza. Però nelle controversie private attribuiamo a ciascuno ugual peso e comunque nella nostra vita pubblica vige la libertà” (II, 37).
Dunque, riassumendo, nell’antichità e nell’ambito del sistema politico di cui Tucidide fa dire a Pericle, la “libertà” è riconosciuta alla “maggioranza” degli uomini; che, in quanto maggioranza, sarebbe, come in effetti è, formata in prevalenza dai “non possidenti”; gli uomini, in quanto “liberi”, godono del diritto corrispettivo di “cittadinanza”; l’esercizio effettivo della “cittadinanza” comporta un esercizio effettivo della “libertà”, che pertanto domina la sfera pubblica; a differenza di quanto avviene nella sfera (delle controversie) privata, dove domina il principio dell’“uguaglianza”.
La sottolineatura è mia, e mi consente pertanto di evidenziare un elemento in più, che emerge dalla ri-costruzione compiuta da Canfora. Questo elemento è rappresentato dalla condizione economica dei liberi (e solo in parte – privatamente – uguali), possidenti e non, e in maggioranza non possidenti. Il criterio della maggioranza non avrebbe dunque una valenza ed una funzionenumerica ma essenzialmente o prevalentemente economica. L’interpretazione, seguirebbe l’analisi di Aristotele: il criterio discretivo della maggioranza, che qualifica il sistema politico “sbilanciato verso il demos”, assume una valenza non numerica ma economica (possidenti/non possidenti = rapporto tra classi); e quindi un sistema democratico, che si caratterizza per la “prevalenza del demo” (Aristotele), per dirsi tale, dovrebbe far riferimento piuttosto alle condizioni economiche della maggioranza dei cittadini che ne fanno parte. In ogni caso, una sorta di regime evolutivo equivalente al termine, demo-crazia, originariamente in uso.
Angelo Giubileo
(Parte II – continua)