Il programma sarà inaugurato dal Concertino in do minore/Mi bemolle maggiore Op.26 di Carl Maria von Weber, che vedrà quale solista Gessica Viviani. La produzione strumentale di Weber distribuita su di un arco parallelo a quello operistico, costituisce quasi, di quest’ultimo, la punteggiatura. In questa pagina, il virtuosismo si fa sinonimo di progressiva esplorazione, preparando il concetto di sfida trascendentale ai mezzi fisici, di cui si approprierà la fase più matura del romanticismo musicale. Seguirà dalla suite del Peer Gynt di Edvard Grieg, “Nell’Antro del Re della Montagna”. Che si tratti di musica molto nobile oltre che a modo suo fortemente impegnata non è tuttavia da porre in dubbio. Grieg vi espande la sua genuina vena melodica fiorita di brevi illuminazioni appena increspate dall’ombra di un’armonia raffinata e funzionale, sempre tendente a denotare un clima costruito con saldo senso formale e timbrico, fino a raggiungere vertici, per lui inconsueti, di ebbrezza sonora.
Omaggio a Giacomo Miluccio, uno dei più prestigiosi clarinettisti italiani del XX secolo, primo clarinetto nell’orchestra della “Scala” di Milano e del “San Carlo” di Napoli, prediletto del direttore d’orchestra Victor de Sabata, nonché eccelso didatta e caposcuola del clarinetto nell’ Italia del Sud, maestro di Giovanni De Falco, un po’ il “nonno” di questi ragazzi. Sarà Miriam Zeoli ad elevare la sua Rhapsodie, uno dei rari brani di tecnica melodica, scritto nel 1978, quando i linguaggi dello strumento si erano ormai spinti oltre i limiti delle possibilità sonore. Il brano ha la pretesa di tirare fuori dal clarinetto tutte le sfumature dinamiche di cui è capace, oltre che le colorature tradizionali.
Fiamme e zolfo per la chiusura della prima parte della serata con le Variazioni su di un tema di Paganini di Kenneth Wilson partitura che coniuga abilmente l’estro virtuosistico con il rigore della costruzione, attento alla facilità melodica e alla brillantezza cromatica, sulle note del XXIV Capriccio. L’ensemble lascerà la ribalta all’oboista Luca Di Manso, nipote del maestro Giancappetti, il quale suonerà per lui in trio con il violoncellista Emilio Mottola e l’arpista Francesca D’Orsi, un trio formatosi tra le pareti del Conservatorio Nicola Sala di Benevento, quattro pagine tra le più amate e note per questo strumento. Si comincerà con l’Adagio dal concerto in Re minore di Alessandro Marcello, per proseguire con il gioiello barocco della Sonata di Georg Philipp Telemann in La Minore, esempio di un gusto che dà vita ad un contesto complessivo sostanzialmente lineare, privo di ardui procedimenti contrappuntistici, adagiato al gusto corrente, ormai orientato al più accattivante e vaporoso stile galante.
Seguirà, una trascrizione delle Variazioni in mi maggiore su un tema della Cenerentola di Gioacchino Rossini per flauto e pianoforte (sulla cui datazione e perfino sulla cui autenticità non tutti gli studiosi sono concordi) che Fryderyk Chopin scrisse sull’aria “Non più mesta”, dedicandole all’amico flautista Joseph Cichocki. Finale con Gabriel’ Oboe, di Ennio Morricone, da Mission, con cui l’oboista potrà esprimere la resurrezione di speranza e gioia e l’inversione del tempo che è alla base di questa pagina. L’ensemble “Aulòn Choròs”presenterà, quindi, il più giovane dei suoi solisti Marco Frasca, il quale proporrà l’Introduzione, tema e variazioni in Mi bemolle maggiore/Si bemolle maggiore, composti da Gioachino Rossinisecondo il Radiciotti nel 1809, originariamente per clarinetto in Do. Elemento dominante di questa musica è il melos, e ne riconosciamo il chiaro stilema operistico; ciò avviene, in particolare, nei passaggi virtuosistici. Tali frasi in Rossini assumono non di rado il tipico carattere dello “stretto”, non solo permettendo all’esecutore di dare prova delle proprie capacità, ma anche imponendosi come elemento in grado di rappresentare una forma di energia sonora che potremmo definire, al tempo stesso, “condensata” e “imbrigliata”, da considerarsi come espressione di una concezione della vita e dell’arte che, sfruttando il paradosso della leggerezza, cerca, ogni tanto, di sfuggire ad ogni gravità della vita.
Ancora un solista, stavolta, il neo-diplomato Andrea Caputo alle prese con il Concerto per Clarinetto solo diValentino Bucchi datato 1969 e dedicato dall’autore ad Ivo Matteini, che dà nuovo risalto a tutte le possibilità espressive dello strumento e realizza rivoluzionari aspetti producibili dal clarinetto: frullati, glissandi ascendenti e discendenti, doppio staccato, microintervalli e suoni multifonici, distribuiti in quattro tempi, Moderato, Presto, Andante, Epilogo. La struggente e intima semplicità del Mottetto K.618 Ave Verum Corpus, scritto da Wolfgang Amadeus Mozart, nell’anno della sua morte, come il concerto per clarinetto K622, prima del congedo dell’ Ensemble Aulòn Chòros dal pubblico degli “Amici dei Concerti d’Estate di Villa Guariglia con “Il Convegno”, un divertimento per due clarinetti e orchestra di fiati, scritto da Amilcare Ponchielli nel 1856 e dedicato ai suoi amici clarinettisti Achille Peri e Massimiliano Sacchi, in segno del vero affetto che li legava, e gli stessi ne diedero la prima esecuzione sotto la sua direzione. La natura virtuosistica delle parti di questa composizione dimostra che a suonarla devono essere due clarinettisti completi, quali sono i due nostri solisti Andrea Caputo e Marco Frasca, il futuro talentuoso e giovane della scuola clarinettistica napoletana.
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