L’immagine che ritrae quell’attimo di profonda umanità e reciproco rispetto, ancorché di coraggio, tra chi presidia la Sicurezza dei cittadini e chi invoca e rivendica la tutela di un fondamentale diritto, ha fatto i giro d’Italia e suscitato unanimi sentimenti di apprezzamento e solidarietà.
In quei volti, costretti a fronteggiarsi, ciascuno di noi ha riconosciuto se stesso, un proprio caro e visto forse un paradosso, in cui donne ed uomini a servizio dello Stato sono impegnati a vigilare, non già su facinorosi ideologizzati o devastatori di professione, bensì su lavoratori proprio come loro, su madri e padri ai quali, il venir meno della certezza della propria occupazione corrisponde al buio, alla disperazione, ad un domani senza domani.
L’Italia è certo un Paese che mostra maturità; che nonostante tutto riesce a scindere e comprendere, ma è anche un Paese stanco il quale, al di là delle incoraggianti statistiche o delle slide presentate in conferenza stampa o nei salotti dei talk televisivi, non avverte i segnali della tanto decantata ripresa.
Sicurezza, riforme, giustizia, impresa e, non ultime, le unioni civili, sono temi assolutamente fondamentali per la vita democratica della Nazione; ma ce ne è uno rispetto a cui tutti essi vengono un attimo dopo e che ne è precondizione: il Lavoro.
Di quali delicati temi, invero, possiamo mai discutere se il Lavoro, nei fatti, non è la priorità? Se gli investimenti in termini di occupazione risultano sostanzialmente inadeguati o depotenziati? Se ancora si registra, copioso, il deprecabile fenomeno dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Se il professionista medio arranca, spesso per il troppo credito da esigere o se decine di imprenditori, ogni giorno, vengono indotti alla resa? Se c’è chi, in barba a tutto ciò, un Lavoro ce l’ha e lo disonora o lo tradisce?
editoriale a cura di Tony Ardito