In proposito, nel suo ultimo libro, Ignazio Visco evidenzia che “le nuove tecnologie hanno finora portato, negli Stati Uniti e in altri paesi, a una polarizzazione delle professioni, con aumenti di posti di lavoro concentrati nel settore dei servizi a bassa retribuzione o in quello dei lavori a elevati livelli d’istruzione e remunerazione a spese dei posti di lavoro con competenze di medio livello”.
Ma, questa è una sfida che appartiene dapprima alla decisione politica; e, guardando allo specifico della situazione italiana, Visco ritiene che “a fronte di una società e di un’economia sostanzialmente ferme da ben prima della crisi finanziaria, è assai ampio il potenziale di miglioramento che si può ottenere rimuovendo vincoli e rigidità, accelerando l’adozione delle nuove tecnologie, colmando la distanza dalla frontiera produttiva in molti settori, innalzando lo stato generale delle infrastrutture, anche quelle più tradizionali”.
Senza mai tralasciare il fatto che “molto del nostro progresso dipende poi dall’essere in Europa” e che l’Europa stessa dovrebbe cogliere quello “stimolo politico”, di cui parlava “Nino Andreatta in un saggio di quasi cinquant’anni fa”, necessario per colmare “il divario tecnologico già allora esistente tra Europa e Stati Uniti”. Tanto premesso, si appalesa la necessità, per l’Italia, ai fini della propria crescita e del proprio sviluppo, di “essere in Europa” e, per l’Europa, la necessità corrispondente, da oltre cinquant’anni, di “colmare il divario tecnologico con gli Stati Uniti”.
Nella seconda parte del libro, Ignazio Visco esamina nei particolari la situazione economica e finanziaria sviluppatasi durante l’ultima crisi finanziaria internazionale, le misure predisposte in ambito europeo per l’uscita dalla crisi e infine il ruolo che potrebbe essere svolto con successo oggi in Italia dai cosiddetti maggiori attori economici: intermediari del credito, imprese e decisori politici. Ma di questo e altro, diremo nel prossimo articolo.
Angelo Giubileo (Terza parte – continua)
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