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Un anno fa ci lascia Zac, Dario Cioffi lo ricorda così su Metropolis

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Se il tempo fosse un gambero, e quella “bestia” che lui chiamava semplicemente “il suo avversario” – in una partita immaginaria in cui sapeva e però non diceva di giocarsi la vita – non se lo fosse portato via, ora Zak avrebbe un volto scuro come la notte. Ché no, di perdere una partita che la Salernitana avrebbe meritato di vincere, e ch’era riuscita almeno a pareggiare dopo essersi inaspettatamente ritrovata sotto, proprio non l’accettava.

Si sarebbe fatto cento volte la tribuna stampa, dal centrocampo alla Curva Sud, e ritorno, consumando le scarpe e “bruciando” un pacchetto di sigarette, tra un sorriso agli amici e un’occhiata “storta” ai salutisti che con lo sguardo provavano a dirgli che lì era vietato fumare. Nostalgia canaglia, di quel “vecchio” («ma io so’ nu’ giovanotto, e arrivateci voi all’età mia», ripeteva come un disco rotto, senza che ci si stancasse mai di sentirlo) professore prestato al giornalismo.

Accadde oggi, un anno fa. All’alba d’un maledetto 13 marzo. Zaccaria Tartarone era malato da un po’, eppure agli amici di sempre aveva semplicemente detto che stava «giocando una partita difficile». Rassicurando dopo le cure: «Siamo 2-0 per me». Deve averlo rimontato, quell’infame d’un tumore che l’ha sconfitto troppo presto. Chi crede nell’Altra Vita, ora lo immagina nel mondo dei Giusti, “incazzato” di brutto, ché da lassù i pasticci della difesa granata forse si vedono ancora più nitidi. Ovviamente, Zak sarebbe tra quelli che sperano ancora, e che se sentisse adesso parlare di retrocessione si farebbe pure una “toccatina” scaramantica. Ovunque tu sia, sbollita la rabbia, scrivici due righe in punta di penna, caro Prof…

Dario Cioffi (Metropolis)

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